Di seguito la lettera inviata alla Questura e alla Prefettura di Napoli, al ministero dell’Interno, al Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, alla Direzione centrale per le politiche dell’immigrazione e dell’asilo e all’Unhcr

L’obiettivo del documento è di portare all’attenzione pubblica e degli Uffici Competenti prassi illegittime riscontrate su segnalazioni di vari attori sul territorio, tra cui i firmatari di questo documento ASGI Napoli, Mediterranea Napoli, ActionAid International Italia Onlus, CGIL Napoli, Cobas Napoli, Zero81 laboratorio di mutuo soccorso, LasciateCIEntrare, Italiani Senza Cittadinanza, Campagne in Lotta, Action Women, Stay Human, La Mescolanza ODV, Kosmopolis, Giuristi Democratici Napoli e avanzare delle proposte con l’auspicio che queste in collaborazione con le Vs. Amministrazioni possano rappresentare dei passi in avanti fino all’eliminazione totale delle attuali prassi illegittime.

Seppur le questioni su cui intervenire sono molte di più e riguardano diversi ambiti, ci si è voluti concentrare, in questa prima proposta, solo su alcune che, a parere degli scriventi, necessitano di un intervento urgente e immediato senza ulteriori rinvii:

  1. RIPENSARE ALLE MODALITA DI ACCESSO ALLA PROCEDURA PER LE RICHIESTE DI PROTEZIONE INTERNAZIONALE, RENDENDO LE TEMPISTICHE TRA LA RICHIESTA DI APPUNTAMENTO E LA FORMALIZZAZIONE DELLA VOLONTA’ DI CHIEDERE ASILO, CONFORMI ALLA LEGGE
  2. GARANTIRE TEMPI RAGIONEVOLI DI ATTESA NELLA FISSAZIONE DEGLI APPUNTAMENTI PER IL RILASCIO E RINNOVO DEI PERMESSI DI SOGGIORNO
  3. RIORGANIZZARE LA GESTIONE MATERIALE DELL’UTENZA
  4. SUPERARE LA PRASSI ILLEGITTIMA DELLA RICHIESTA DI ISCRIZIONE ANAGRAFICA AI FINI DEL RILASCIO E DEL RINNOVO DEL PERMESSO DI SOGGIORNO PER PROTEZIONE INTERNAZIONALE
  5. PORRE FINE ALLA RICHIESTA DI ESIBIZIONE DEL PASSAPORTO NEL PROCEDIMENTO DI RILASCIO DEL PERMESSO DI SOGGIORNO PER PROTEZIONE INTERNAZIONALE
  6. PORRE FINE ALLA RICHIESTA DI ESIBIZIONE DEL PASSAPORTO NEL PROCEDIMENTO DI RICHIESTA DEL PERMESSO DI SOGGIORNO PER PROTEZIONE SPECIALE AL QUESTORE AI SENSI DELL’ART. 19 CO. 1.1 E 1.2 TUI
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  1. RIPENSARE ALLE MODALITA DI ACCESSO ALLA PROCEDURA PER LE RICHIESTE DI PROTEZIONE INTERNAZIONALE, RENDENDO LE TEMPISTICHE TRA LA RICHIESTA DI APPUNTAMENTO E LAFORMALIZZAZIONE DELLA VOLONTA’ DI CHIEDERE ASILO, CONFORMI ALLA LEGGE.
Rispetto ai richiedenti asilo in particolare a Napoli presso l’ufficio di Via Galileo Ferraris, si è tentato di limitare il sovraffollamento in ripetuti modi rivelatisi insufficienti e pericolosi: dapprima si è concesso un unico appuntamento per la presentazione di domanda di protezione internazionale, il lunedì mattina, che ha contribuito a determinare un accalcarsi dipersone nei pressi dell’Ufficio. In seguito, è stato creato un sistema di prenotazione online che dispensava un massimo di cinquanta appuntamenti settimanali. Ciò ha spostato il problema dalle file materiali alle file virtuali, contribuendo a far cadere, di fatto, nell’irregolarità, centinaia di soggetti impossibilitati per mesi ad inoltrare la propria richiesta e non raggiungendo neanche, in tal modo, lo scopo di tutela dell’ordine pubblico. Ancora, si è tornato al sistema di inoltro della domanda di asilo a mezzo pec, che se da un lato snellisce la procedura e la rende più accessibile, dall’altro dilata ampiamente i tempi di formalizzazione previsti dalla legge, arrivando a volte fino a cinque mesi di attesa dall’inoltro della domanda a mezzo pec. Altresì tale sistema non risolve il problema del sovraffollamento, dal momento che lo stesso richiedente viene convocato anche fino a cinque volte presso gli Uffici della Questura: il giorno dell’appuntamento, il giorno del fotosegnalamento, il giorno della redazione modello C3, il giorno di rilascio del cedolino, il giorno di rilascio del permesso di soggiorno per richiesta asilo, cui si aggiungono i numerosi rinvii per attesa trasmissione atti. Il riferimento normativo relativo alla procedura di accesso alla protezione internazionale è da rinvenirsi nel decreto legislativo n. 25 del 28 gennaio 2008 (e successive modificazioni), di attuazione interna della Direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013 recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (rifusione della Direttiva 2005/85/CE), oltre che dal regolamento di attuazione del d.lgs. 25/2008, il Decreto del Presidente della Repubblica n. 21 del 12 gennaio 2015. In particolare, gli artt. 3, c. 2 e 6, c. 1 del d.lgs. n. 25/2008, e l’art. 3 del DPR n. 21/2015 definiscono in maniera chiara che le autorità competenti a ricevere le domande di asilo sono la polizia di frontiera e le questure. Al comma 1 dell’art. 3 del DPR n. 21/2015, inoltre, è previsto che la manifestazione di volontà di richiedere la protezione internazionale può essere espressa dal cittadino straniero anche in forma orale e nella propria lingua, con l’ausilio di un mediatore linguistico-culturale. Il successivo art. 26, che regola l’istruttoria della domanda di protezione internazionale, ribadisce ulteriormente quali sono le autorità competenti a ricevere la domanda e ne specifica in dettaglio le modalità operative. In particolare, al comma 2, il citato articolo statuisce sulla formalizzazione della richiesta, che avviene tramite la redazione del verbale a seguito della manifestazione di volontà. Il successivo comma 2-bis ne disciplina le tempistiche, prevedendo che la redazione del verbale avvenga entro i tre giorni dalla manifestazione di volontà. L’eventuale proroga di ulteriori dieci giorni è concessa esclusivamente in presenza di un elevato numero di domande, conseguenti ad arrivi consistenti e ravvicinati di richiedenti. Quanto detto recepisce il principio contemplato all’art. 6 della Direttiva c.d. “Procedure” 2013/32/UE, il quale, riferendosi ai tempi di formalizzazione della domanda, al par. 5 enuncia che “Qualora le domande simultanee di protezione internazionale da parte di un numero elevato di cittadini di paesi terzi o apolidi rendano molto difficile all’atto pratico rispettare il termine di cui al paragrafo 1, gli Stati membri possono stabilire che tale termine sia prorogato di dieci giorni lavorativi.”

In conclusione, dalla normativa risulta inequivocabilmente che, in caso di un elevato numero di domande, le autorità competenti hanno esclusivamente titolo a prorogare i tempi della formalizzazione della richiesta della protezione internazionale – entro il limite di dieci giorni – mentre non possono in alcun modo limitare o escludere la presentazione della stessa nella fase di manifestazione della volontà: del resto l’interdizione preventiva e arbitraria dell’accesso inibisce un effettivo controllo della quantità delle domande e, di conseguenza, sconfessa il principio di trasparenza che deve connotare l’operato della pubblica amministrazione.

La prassi adottata dalla Questura di Napoli è stata quella di subordinare l’accesso alla Questura per la manifestazione della volontà di chiedere protezione internazionale alle Autorità competenti, ad una richiesta di appuntamento da inoltrarsi a mezzo pec.

Se tale modalità può comprendersi in virtù del riferito numero elevato di domande di protezione internazionale e del manifesto sottodimensionamento degli uffici competenti, è evidente che la stessa tende a spostare arbitrariamente il momento della manifestazione e formalizzazione della volontà di chiedere protezione, impedendo di fatto l’accesso ai competenti uffici e in violazione delle dette norme.

Proposta: tale prassi va superata limitando i tempi di attesa tra la richiesta di appuntamento e la formalizzazione della domanda di protezione internazionale, da doversi operare nel termine di legge di tre giorni, prorogabili a dieci e comunque entro tempi ragionevoli, che non possono coincidere con quelli attualmente in essere.

2. GARANTIRE TEMPI RAGIONEVOLI DI ATTESA NELLA FISSAZIONE DEGLI APPUNTAMENTI PER IL RILASCIO E RINNOVO DEI PERMESSI DI SOGGIORNO.

Il testo unico all’art. 5 comma 9 statuisce: “Il permesso di soggiorno è rilasciato, rinnovato o convertito entro sessanta giorni dalla data in cui è stata presentata la domanda, se sussistono i requisiti e le condizioni previsti dal presente testo unico e dal regolamento di attuazione per il permesso di soggiorno richiesto ovvero, in mancanza di questo, per altro tipo di permesso da rilasciare in applicazione del presente testo unico”.

Anche ammesso che detti termini possano essere superati – in virtù del dettato del successivo comma 9 bis – in ragione di ritardi endemici e strutturali della pubblica amministrazione che opera in materia di immigrazione, si precisa che tale prassi durevole ha una ricaduta enorme in termini di privazione di diritti fondamentali sull’utenza che si vede negare non solo il diritto al rilascio del permesso nei tempi della norma, ma tutti i diritti ad esso collegati.

Ad oggi il richiedente o il titolare di protezione internazionale che si reca presso gli uffici della Questura di Napoli per la richiesta o il rinnovo del permesso di soggiorno o per il semplice rilascio del duplicato riceve un appuntamento per il ritiro del solo cedolino a distanza di circa 9 mesi dall’istanza. E’ evidente in questo caso una palese violazione della citata norma da parte delle Questure sul territorio, nello specifico Napoli e Caserta. Una soluzione efficiente non è stata raggiunta neanche dal sistema online www.prenotafacile.it di cui si è dotata la Questura di Napoli il 2 dicembre 2020 e la Questura di Caserta il 13 luglio 2021, nell’ottica di facilitare la calendarizzazione degli appuntamenti per il conseguimento di diverse tipologie di permessi di soggiorno. Il primo problema è legato alla strutturazione del portale che a appare a volte privo di logica e si rivela tutt’altro che di facile accesso in quanto richiede una lunga procedura previa registrazione a mezzo mail personale e caricamento di un documento identificativo, non sempre in possesso del richiedente. Si pensi ai soggetti esposti a procedura accelerata che siano in possesso del mero Modello C3 il cui codice identificativo (ID Vestanet e/o codice CUI) non risulta valido per il prosieguo della registrazione, con ciò rendendo necessaria la richiesta di appuntamento a mezzo pec. Altresì, il portale non è disponibile in lingue diffuse come arabo e cinese. Tuttavia, profilo più rilevante è che questo sistema online, generando un documento in formato pdf sfornito di fotografia, e sul quale sono annotati il mero nome e cognome dell’istante e la data di appuntamento, non è idoneo a sostituire il titolo di soggiorno e rende inaccessibile per lunghi mesi il godimento di quei diritti e libertà pur riconosciuti dalla legge, nelle more del rinnovo o rilascio del permesso di soggiorno. Infatti nei – ad oggi nove – mesi di attesa per il rilascio del cedolino, gli istanti sono esposti all’impossibilità di godere dei diritti primari come quello alla stipula di un contratto di lavoro, di locazione, all’assistenza sanitaria, all’iscrizione scolastica, il diritto di spostarsi fuori dal territorio italiano, ad usufruire dei sostegni statali quali pensioni di invalidità e bonus, ad aprire un conto corrente presso Poste e banche, ad incassare retribuzioni di lavoro sotto forma di assegni e talvolta perfino ostacolati nel riconoscimento dei figli all’atto di nascita. Ciò in palese violazione dell’art. 5 co. 9 bis TUI ai sensi del quale “In attesa del rilascio o del rinnovo del permesso di soggiorno, anche ove non venga rispettato il termine di sessanta giorni di cui al precedente comma, il lavoratore straniero può legittimamente soggiornare nel territorio dello Stato e svolgere temporaneamente l’attività lavorativa fino ad eventuale comunicazione dell’Autorità di pubblica sicurezza, da notificare anche al datore di lavoro, con l’indicazione dell’esistenza dei motivi ostativi al rilascio o al rinnovo del permesso di soggiorno”. Ed ancora in contrasto con quanto affermato dalle seguenti circolari: n. 67/2000 del Ministero del Lavoro ai sensi della quale: la fase di attesa del rinnovo del permesso di soggiorno non incide sulla regolare esecuzione del rapporto di lavoro in corso con lo straniero, considerati i tempi lunghi di evasione delle pratiche di rinnovo di che trattasi, in alcune Questure; direttiva ministeriale del 5 agosto 2006 secondo cui: il mancato rispetto del termine di venti (oggi sessanta) giorni per la conclusione del procedimento di rinnovo del permesso di soggiorno non incide sulla piena legittimità del soggiorno stesso e sul godimento dei diritti ad esso connessi (…) Lo straniero in possesso del permesso di soggiorno, ancorché scaduto, e della ricevuta di presentazione dell’istanza di rinnovo, ha la facoltà di lasciare il territorio dello Stato e di farvi regolare rientro (…); direttiva ministeriale del 26 febbraio 2007 nella misura in cui estende al richiedente permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato il diritto a svolgere attività lavorativa nelle more della consegna del permesso.

Il medesimo limbo d’attesa interessa tutte le procedure che ancora si effettuano tramite kit postale: richiesta permesso di soggiorno per attesa occupazione, rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo/subordinato, conversione permesso di soggiorno per attesa occupazione/casi speciali/protezione speciale in lavoro subordinato/autonomo, rinnovo status di rifugiato, duplicato del permesso di soggiorno, primo rilascio di permesso di soggiorno a seguito di procedura di emersione, permesso di soggiorno per motivi di studio, permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo. Per tutte queste tipologie di permessi, i tempi di attesa per la consegna del titolo di soggiorno comportano il fatto che questo venga in moltissimi casi emesso già scaduto o in scadenza

Proposta: ridurre i tempi di attesa per il rilascio e rinnovo dei permessi di soggiorno, anche con un potenziamento di personale addetto all’istruttoria di tali pratiche. Al contempo superare la prassi illegittima di “posticipare” l’inoltro della pratica di rinnovo del permesso di soggiorno attraverso il sistema di fissare l’appuntamento dopo mesi ed ancora rilasciare permessi di richiesta asilo di validità superiore a sei mesi come già effettuate nel 2018 dalla Questura di Napoli dopo un incontro con le associazioni presenti sul territorio. Nei casi di rinnovo tramite il sistema di kit postale, far decorrere i tempi di rilascio del permesso non dall’inoltro del kit, ma dal momento in cui viene rilasciato il cedolino all’istante, ferma l’applicazione di direttive e circolari ministeriali sulla regolarità dell’istante nella fase di rinnovo

3. RIORGANIZZARE LA GESTIONE MATERIALE DELL’UTENZA

A quanto detto, fa da sfondo una gestione materiale pericolosa e inefficiente delle code di attesa all’esterno degli Uffici Immigrazione. Qui si genera un evidente accalcamento di persone in attesa, tra cui soggetti estremamente vulnerabili con enormi difficoltà a presentarsi ripetutamente presso gli Uffici della Questura e ad attendere anche otto ore, spesso all’esterno ed in piedi: si pensi a disabili, nuclei con minori, persone con patologie psichiche, anziani, vittime di violenza psicofisica e a tutti i soggetti fuori dal circuito di accoglienza che, senza colpe, restano esclusi dai canali di accesso tendenzialmente più celeri, accordati agli accolti. Basti pensare all’Ufficio immigrazione della Questura di Napoli, dove sono evidenti le seguenti criticità:

– In primo luogo, si ravvisa la violazione di ogni normativa sulla privacy nel momento in cui migranti e richiedenti asilo vengono chiamati tramite megafono con nome e cognome al momento del loro turno. Il Provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali del 28 dicembre 2006, in materia trattamento di dati idonei a – rivelare l’origine etnica e le convinzioni religiose dei richiedenti asilo e rifugiati, stabilisce che “In ogni caso, i dati personali utilizzati e le operazioni del trattamento compiute devono risultare comunque indispensabili rispetto alla finalità perseguita nei singoli casi (art. 22, comma 3, del Codice)”. Il nome e cognome di una persona sono inevitabilmente dei dati idonei a determinare tanto l’origine geografica quanto etnica ed in virtù di ciò, vanno trattati e diffusi con massima cautela. Questa prassi in uso svilisce la ratio stessa della protezione internazionale, che dovrebbe rappresentare un mezzo di tutela assolutamente personale degli istanti. Si rappresenta che l’Ufficio Immigrazione è l’unico ente (si pensi ad Agenzia delle Entrate, Poste Italiane, Asl etc) ad aver adottato tale impropria modalità di convocazione dell’utenza. A puro titolo esemplificativo, chi scrive rende noto di un episodio verificatosi nel mese di marzo 2022 presso l’Ufficio Immigrazione della Questura di Napoli dove una cittadina georgiana ma di origini russe, dopo essere stata chiamata con megafono per nome e cognome, veniva immediatamente identificata dai richiedenti di nazionalità ucraina come cittadina russa e costretta a chiedere l’intervento di un operatore legale che si trovava neipressi.

– In secondo luogo, il confinamento delle persone, soprattutto bambini, sulla parte opposta del marciapiede, al margine di una strada ad alta intensità di traffico di veicoli, crea un pericoloso via vai di soggetti che attraversano per chiedere informazioni sullo stato della propria attesa e dei numeri chiamati. Infatti nessuna funzione ricopre più il tabellone elettronico in uso fino al mese di aprile 2022, opportunamente affisso all’esterno dell’Ufficio con elencazione dei numeri chiamati, che è ora interamente coperto da una tenda parasole per preservare il personale amministrativo in servizio. Queste modalità risultano illogiche anche sotto il profilo del dispendio economico a carico dello Stato, costretto ad impiegare forze di polizia anche solo per il monitoraggio dell’attraversamento pedonale. Personale che, probabilmente, potrebbe trovare più efficace collocazione su questo Ufficio, al fine di accelerare le procedure amministrative interne, o su altro.

Proposte: ripristinare la funzionalità del tabellone elettronico posto all’esterno dell’Ufficio Immigrazione con modalità di convocazione dell’utenza rispettose dei diritti connessi alla privacy; migliorare la gestione fisica dell’utenza evitando pericolosi ammassamenti di persone in una strada altamente trafficata; nel lungo termine, ripensare alla collocazione logistica degli uffici, con eventuale ampliamento dell’attuale sede in luogo più adeguato alla gestione dell’utenza.

4. SUPERARE LA PRASSI ILLEGITTIMA DELLA RICHIESTA DI ISCRIZIONE ANAGRAFICA AI FINI DEL RILASCIO E DEL RINNOVO DEL PERMESSO DI SOGGIORNO PER PROTEZIONE INTERNAZIONALE

A chi scrive è noto che molti permessi di soggiorno risultano bloccati presso la Questura di Napoli a causa dell’assenza di iscrizione anagrafica da parte del richiedente. E’ bene evidenziare che la funzione amministrativa concernente l’iscrizione anagrafica è esercitata dal Comune ma è disciplinata con leggi e regolamenti dello Stato e risponde ad esigenze nazionali statistiche, di controllo e amministrazione della popolazione. In modo specifico, per i richiedenti protezione internazionale, l’art. 26 della convenzione di Ginevra del 1951 prevede che “ciascuno Stato contraente concede ai rifugiati che soggiornano regolarmente sul suo territorio il diritto di scegliervi il loro luogo di residenza”. Di rilievo per l’ordinamento italiano è anche il successivo art. 27, il quale fa obbligo agli Stati contraenti di rilasciare i documenti d’identità “a tutti i rifugiati che risiedono sul territorio e non possiedono un titolo di viaggio valido”, in quanto l’iscrizione anagrafica è prerequisito necessario al rilascio della carta di identità.

La Questura di Napoli estende la citata norma – pensata per il rilascio del documento di identità – anche alla disciplina sul rilascio del permesso di soggiorno per protezione internazionale. Questa richiesta è chiaramente illegittima. Infatti, sebbene l’omissione di dichiarazioni anagrafiche costituisca un illecito amministrativo sanzionabile con una modesta multa, la mancanza della residenza anagrafica non è invece considerata pregiudizievole dalla normativa sull’immigrazione riguardo alle procedure di rilascio o di rinnovo del permesso di soggiorno, ad eccezione del rilascio del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, che attribuisce allo straniero un’autorizzazioneamministrativa al soggiorno a tempo illimitato. Per il rinnovo in generale del permesso di soggiorno occorre invece rifarsi, pur con le puntualizzazioni oggetto dei paragrafi precedenti, all’art. 5, co. 5, TUI, ove il rifiuto del rinnovo può avvenire solo se “mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato”. E poiché tra le condizioni richieste per il regolare ingresso non può esservi ovviamente l’iscrizione anagrafica – requisito impossibile a chi varca la frontiera senza ancora avere potuto chiedere il rilascio del primo permesso di soggiorno – questa certamente non può essere pretesa, in mancanza di altra esplicita prescrizione, nel momento del rinnovo del permesso di soggiorno. A conferma di quanto ora osservato andrebbe anche letto l’art. 42 del regolamento di attuazione del TUI, ove è stabilito che l’iscrizione al servizio sanitario nazionale – comunque consentita per tutta la durata del permesso di soggiorno e per il periodo di attesa del suo rinnovo – avviene, in mancanza di un luogo di residenza, sulla base della “effettiva dimora”. Al comma 2 è poi specificato che “in mancanza di iscrizione anagrafica, per luogo di effettiva dimora si intende quello indicato nel permesso di soggiorno, fermo restando il disposto dell’articolo 6, commi 7 e 8, del Testo unico (…)”. Dunque la regolarità del soggiorno non è inficiata dalla mancanza di residenza anagrafica, il cui difetto, come non può giustificare la cessazione o la mancata iscrizione al servizio sanitario nazionale, nemmeno può essere ragione di revoca del permesso di soggiorno, oppure di diniego o di archiviazione della domanda di rinnovo. Infatti il rilascio del permesso di soggiorno ed il mantenimento della sua validità nel tempo mediante le procedure di aggiornamento o di rinnovo costituiscono le prime e più basiche modalità di adempimento del dovere di protezione gravante sullo Stato competente in base al dirittointernazionale e soprattutto europeo dell’asilo, in adempimento del quale l’art. 23 del d.lgs n. 251 del 2007 prevede che sia rilasciato un permesso di soggiorno per asilo con validità quinquennale incondizionatamente rinnovabile – salvo il ricorrere di speciali preclusioni tassativamente previste – ai titolari dello status di rifugiato; ed un permesso di soggiornoanch’esso di validità quinquennale, rinnovabile previa verifica della permanenza delle condizioni che hanno consentito il riconoscimento della protezione sussidiaria agli altri titolari di protezione internazionale. Il rinnovo del titolo di soggiorno dipende dunque esclusivamente dal permanere delle ragioni della protezione, non potendo trovare ostacolo nell’esame di requisiti ulteriori, una volta ritenuti sussistenti quelli al rilascio della protezione. A conferma di questa ricostruzione vi è anche la normativa italiana in materia di iscrizioni e variazioni anagrafiche dello straniero regolarmente soggiornante in base alla quale queste si effettuano alle medesime condizioni degli italiani (6, co. 7, TUI) con il solo presupposto ulteriore della regolarità del soggiorno. Ciò allora presuppone che lo straniero ai fini dell’iscrizione anagrafica sia già in possesso di regolare permesso di soggiorno. L’assenza, infatti, di iscrizione anagrafica non può rilevare ai fini del rilascio o del rinnovo del permesso di soggiorno, posto che questo è rilasciato dal Questore del luogo di dimora e che, come già precisato, è la regolarità del soggiorno ad essere il presupposto per l’iscrizione anagrafica e non il contrario.

Questa nostra disciplina è solo in parte il frutto delle convinzioni del legislatore italiano, costituendo altresì il necessario, ancorché perfettibile, precipitato della disciplina convenzionale ed europea di cui va ricordata, in primo luogo, la tassatività dei casi nei quali è consentito ad uno Stato membro di revocare, di cessare o di rifiutare il rinnovo o il rilascio di un permesso di soggiorno di un rifugiato.

Detti casi sono previsti dall’art. 21 e dall’art. 24 della Direttiva 26 giugno 2013, n. 32 e si hanno: a) quando vi siano ragionevoli motivi per considerare che (l’interessato) rappresenti un pericolo per la sicurezza dello Stato membro nel quale si trova (art. 21, comma 2);b) quando, essendo stato condannato con sentenza passata in giudicato per un reato di particolare gravità, costituisce un pericolo per la comunità di tale Stato membro (art. 21, comma 2);c) quando ostino al rinnovo imperiosi motivi di sicurezza nazionale o di ordine pubblico (art. 24, comma 1). Non da oggi, ma, sia pure con studiata intermittenza, sinoalmeno dall’inverno 2014/15, alcune questure hanno preteso dai cittadini stranieri, inclusi i titolari di protezione internazionale, il possesso di una posizione anagrafica attuale coincidente con l’indirizzo di effettiva abitazione sul territorio della Provincia. Se per le ragioni già esaminate tale richiesta è da ritenersi illegittima già riguardo alla più ampia platea degli stranieri, lo è tuttavia in modo più pronunciato per i titolari di protezione internazionale e speciale. Il paradosso è che un sistema concepito per proteggere un soggetto, pur dopo avergli riconosciuto il diritto ad una forma di protezione, lo lasci poi sfornito delle doverose tutele a causa della mancanza incolpevole di iscrizione anagrafica e pur in presenza di un luogo di effettiva dimora. D’altra parte si nota che l’Amministrazione ha decretato di non effettuare questa richiesta illegittima ai cittadini ucraini in attesa di protezione, rispetto ai quali l’intera procedura è basata su autodichiarazioni di presenza e di domicilio. Vale la pena accennare brevemente ad una prassi non eccessivamente datata, in uso tra le Questure del territorio, che consisteva nel chiedere ai richiedenti protezione internazionale l’esibizione di dichiarazione di ospitalità o cessione di fabbricato per la mera presentazione della domanda di protezione. Tuttavia il d.lgs 142/2015 prevede che per i richiedenti protezione internazionale l’obbligo di comunicare alla questura il proprio domicilio o residenza sia assolto tramite dichiarazione da riportare nella domanda di protezione internazionale. La norma non richiedendo altro che una dichiarazione, ha permesso alle suddette Questure di mutare legittimamente tale prassi, recependo le domande di protezione internazionale sulla base della mera autodichiarazione di domicilio. Infatti, consentire allo straniero regolarmente soggiornante di dichiarare il suo vero indirizzo di abitazione, anche quando non disponga di copia della cessione di fabbricato o di altra dichiarazione di ospitalità debitamente documentata, né di un diverso titolo di detenzione (locazione, sub-locazione, comodato, uso, usufrutto, acquisto in proprietà, etc.) oltre acorrispondere esattamente e “senza glossa” alla lettera della legge costituirebbe un atto di estrema saggezza da parte dell’Amministrazione, poiché è nota l’ampia informalità e l’irregolarità in termini sia civilistici che tributari del mercato italiano degli alloggi, soprattutto riguardo alle fasce economicamente più modeste dei suoi utenti. Una pari ravvedimento andrebbe operato anche in riferimento all’illegittima richiesta di iscrizione anagrafica per il rilascio e rinnovo del permesso di soggiorno. In ultimo, si evidenzia che una prassi amministrativa pur gravemente illegittima non troverà certo freno in qualche pronuncia giudiziaria che, compensando le spese, restituisca dilazionata nel tempo, e solo ad alcuni, una ragione rispetto alle loro attese angosciose. Due sono quindi le possibili vie di uscita alternative alla sempre sperabile ma poco affidabile resipiscenza del cattivo interprete istituzionale: la moltiplicazione dei ricorsi – con le connesse conseguenze ed esternalità negative, incluso il sovraccarico dei Tribunali – oppure una più vigorosa censura dell’infedele amministratore il cui illegittimo operato, danneggiando serialmente un’ampia platea, non solo produce un esteso danno sociale ma anche, di certo, un danno erariale che andrebbe evitato. In sintesi, l’iscrizione anagrafica risponde ad esigenze di ordine e sicurezza a dire della Questura, ma in realtà ciò che si verifica ad oggi sul nostro territorio è esattamente il contrario, generando: a) incertezze sotto il profilo dell’effettivo luogo ove l’istante è situato, necessitando tale luogo di essere altresì idoneo al conseguimento di iscrizione anagrafica ed impedendo all’istante di dichiarare la propria effettiva ubicazione; b) lesione dei diritti discendenti dall’essere riconosciuto come soggetto titolare di protezione internazionale, in quanto impossibilitato a conseguire il titolo di soggiorno; c) proliferazione di soggetti irregolari, seppur domiciliati sul territorio nazionale ed in possesso dei requisiti per un documento di soggiorno; d) l’oscuramento di un elemento rilevante in materia diimmigrazione, ovverosia che il soggetto migrante vive per definizione in Italia, specialmente nel meridione, una condizione di continuo necessitato spostamento dovuto alla condizione personale di vulnerabilità, che lo rende frequentemente vittima a vario titolo, di sfruttamento, emarginazione ed instabilità; e) differenziazioni improprie tra richiedenti protezione provenienti dall’Ucraina e da paesi terzi. Il superamento di questa illegittima richiesta, avrebbe ripercussioni importanti e positive in termini di sicurezza, ordine pubblico ed effettivo accesso a tutele, comportando una emersione stabile e monitorabile degli stranieri comunque presenti sul territorio.

Proposta: provvedere al più celere rilascio dei titoli di soggiorno bloccati per l’illegittima richiesta d’iscrizione anagrafica che snellirebbe la fase di istruttoria della pratica dimezzandone i tempi.

5. PORRE FINE ALLA RICHIESTA DI ESIBIZIONE DEL PASSAPORTO NEL PROCEDIMENTO DI RILASCIO DEL PERMESSO DI SOGGIORNO PER PROTEZIONE INTERNAZIONALE

Dal 2015, l’Ufficio Immigrazione della Questura di Napoli ha adottato la prassi illegittima di richiedere l’esibizione del passaporto al momento del rilascio del permesso di soggiorno per chi ha ottenuto il riconoscimento della protezione umanitaria/casi speciali/protezione speciale o sussidiaria dalle competenti autorità. Quanto al primo punto, nella normativa italiana, non esiste alcuna disposizione di legge che impone al neo titolare di protezione di esibire il passaporto o una dichiarazione delle autorità diplomatiche del proprio paese ai fini del rilascio del permesso di soggiorno. Una simile fattispecie è disciplinata, invece, per la richiesta del titolo di viaggio per stranieri beneficiari di protezione sussidiaria all’art. 24, c. 2 del d. lgs. 251/2007: Quando sussistono fondate ragioni che non consentono al titolare dello status di protezione sussidiaria di chiedere il passaporto alle autorità diplomatiche del Paese di cittadinanza, la questura competente rilascia allo straniero interessato il titolo di viaggio per stranieri. Qualora sussistano ragionevoli motivi per dubitare dell’identità del titolare della protezione sussidiaria, il documento è rifiutato o ritirato. È’ evidente che le due questioni si pongono su due piani molto diversi: la disciplina del rilascio del titolo di viaggio non può applicarsi analogicamente per il rilascio di un permesso di soggiorno legato ad unaforma di protezione, che si annovera tra i diritti soggettivi perfetti dell’individuo non degradabile dall’autorità amministrativo ad interesse legittimo. L’illogicità della richiesta di esibizione del passaporto nazionale al fine di accertare l’identità dell’interessato a seguito del riconoscimento di permesso di soggiorno, si fonda sulle seguenti considerazioni:

– In primo luogo, sul fatto che l’identità del richiedente protezione era già nota al momento della presentazione della domanda d’asilo, tanto che, ai sensi dell’art. 1, lett. C del DPR 445/2000, il permesso di soggiorno per richiesta asilo costituiva un documento di riconoscimento. Sul punto, si cita l’ordinanza del 21 dicembre 2017 con cui il TribunaleOrdinario di Palermo, Prima sezione civile ha ritenuto che la produzione del passaporto non può che avere come finalità la puntuale identificazione dello straniero, la quale è certamente già possibile, in quanto trattasi di soggetto già identificato più volte sia all’ingresso nel territorio nazionale che nelle fasi di rinnovo del permesso di soggiorno semestrale.

– In secondo luogo, salvo prove contrarie tali da mettere in discussione lo status di protezione, l’identità del beneficiario di protezione internazionale è accertata dalla Commissione territoriale; compito questo, riconosciutole da numerose pronunce di diversi tribunali. In particolare, nella sentenza del TAR Lazio 11465/2015, si sottolinea (…) che laCommissione territoriale è tenuta, in sede di esame della domanda di protezione internazionale, ad accertare (art.3 d.lgs n.251 del 2007) la nazionalità e l’identità del richiedente; che il Questore, nel caso in cui è investito del rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari ai sensi dell’art. 5, c. 6 del TUI, ma lo stesso dicasi per la protezionesussidiaria, sottopone l’interessato a rilievi fotodattiloscopici (art.5 c.2 bis del T.U.) prima di rilasciare il titolo; che legittimamente ove vi sono dei dubbi non risolti sull’identità del richiedente, derivanti dalla presenza di uno o più alias, il predetto permesso non viene rilasciato; pertanto rimangono non chiare le ragioni in forza delle quali, dopo il rilascio del permesso di soggiorno per protezione speciale e sussidiaria, possano sorgere nuovi (ovvero possano riemergere vecchi) dubbi sull’identità del richiedente il titolo. Per esemplificare, si pensi al caso di cittadini nati e/o cresciuti in Italia, che non abbiano mai fatto rientro nel Paese di origine dei genitori, le cui ambasciate rendono problematica la registrazione in anagrafe del paese estero. A questi, già ampiamente identificati dalle autorità italiane, laQuestura continua a richiedere l’esibizione del passaporto del Paese di origine ai fini del rilascio del permesso di soggiorno per protezione internazionale. Ciò comporta una ulteriore paralisi burocratica dei diritti ampiamente superabile.

Proposta: rilasciare permessi di soggiorno per protezione sussidiaria e protezione speciale ex art. 32 co. 3 d.lgs 25/2008 in assenza di passaporto del Paese d’origine.

6. PORRE FINE ALLA RICHIESTA DI ESIBIZIONE DEL PASSAPORTO NEL PROCEDIMENTO DI RICHIESTA DEL PERMESSO DI SOGGIORNO PER PROTEZIONE SPECIALE AL QUESTORE AI SENSI DELL’ART. 19 CO. 1.1 E 1.2 TUI

Quanto invece alla richiesta del passaporto in sede di presentazione della novella domanda di protezione speciale al Questore ex art. 19 TUI, ai sensi dell’art. 9 terzo comma, lettera a), DPR n. 394/1999 il rilascio del permesso di soggiorno non presuppone necessariamente il passaporto, documento di identità che può infatti essere sostituito da “altro documento equipollente” da cui risultino “la nazionalità, la data, anche solo con l’indicazione dell’anno, e il luogo di nascita degli interessati”. Ciò comporta il diritto per il soggetto già identificato a qualunque titolo dalle autorità italiane, di avvalersi di tali titoli identificativi per l’inoltro dell’istanza. Altresì per coloro che mai siano stati identificati, è sufficiente la presentazione di dichiarazione sostitutiva di certificazione delle proprie generalità, redatta nel Comune di riferimento alla presenza di due testimoni. In tal senso decideva anche il Tribunale di Roma con ordinanza del 10 marzo 2022.

Proposta: consentire l’inoltro della domanda di protezione speciale ex art. 19 co. 1.1 TUI al soggetto privo di passaporto e già identificato o in possesso di dichiarazione sostitutiva di certificazione d’identità.

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Conclusioni

Dalla casistica sopra enunciata si evidenzia che una corretta applicazione della normativa vigente ridurrebbe di per sè l’afflusso presso gli Uffici della Questura.

Il conflitto in corso in territorio ucraino che ha impegnato il Governo italiano ad attuare rapidamente una serie di misure per la gestione dell’emergenza dovuta al massiccio flusso di rifugiati provenienti dalle zone di guerra (la decisione UE/2022/382 del Consiglio del 4 marzo 2022, con cui è stata resa operativa la Direttiva 2001/55/CE, attuata con Decreto Legislativo 7 aprile 2003, n. 85 e mai utilizzata fino ad oggi. L’articolo 3 del suddetto decreto legislativo, rinviando all’art. 20 del Testo Unico Immigrazione ha consentito al Governo di italiano di predisporre un DPCM con il quale dettare misure straordinarie per la protezione e accoglienza dei profughi), ha mostrato che una gestione più umanitaria e al contempo rapida dei flussi migratori è possibile e replicabile facilmente. Sulla scorta di ciò si auspicherebbe che non si creasse un doppio binario a seconda del Paese di origine, ma che le buone prassi siano applicate a tutti migranti, specialmente quelli portatori di esigenze di vulnerabilità.