Incendi, detenzioni illegali, docce anti scabbia, addirittura un parlamentare che vi si rinchiude per “attirare” l’attenzione sulle violazioni dei diritti umani. Un luogo “simbolo” sull’isola di Lampedusa, un centro di riconoscimento e smistamento che finalmente viene, temporaneamente, svuotato. Questo è l’ex CIE ed ora HOTSPOT di Lampedusa.
Come Campagna LasciateCIEntrare abbiamo più volte visitato quel centro con giornalisti ed avvocati ed attivisti, ma dalla sua riconversione in HOTSPOT così come negli attuali CPR (Centri di Permanenza per i Rimpatri) non ci è più stato autorizzato l’ingresso dal Ministero dell’Interno. Black out, censura, chiamiamola come vogliamo, la realtà è che anche l’ultimo governo Gentiloni/Minniti non ha voluto, scientemente, negligentemente, affrontare qualcosa che da anni viene denunciato dalla società civile e dai richiedenti asilo che vi erano trattenuti.
Dalle “bocche cucite” dei cittadini tunisini contro i rimpatri, alle proteste dei rifugiati eritrei contro l’identificazione forzata e il prelievo delle impronte, l’HOTSPOT non è solamente un luogo simbolo di malaccoglienza, ma un approccio politico promosso dall’Unione europea di sistematica violazione dei diritti umani e limitazione della libertà di movimento delle persone. Amnesty International lo ha denunciato nel rapporto “Hotspot Italia”, rimasto – come altre denunce della nostra campagna – lettera morta. Il rapporto mostra chiaramente come l’identificazione e la selezione arbitraria tra migranti economici e rifugiati al momento dell’arrivo ha compromesso il diritto a chiedere asilo, alimentando anche agghiaccianti episodi di violenza, con l’uso di pestaggi, elettroshock e umiliazioni sessuali.
Le ultime immagini ricevute dall’interno di quel centro, solo qualche notte fa, ci mostravano una rivolta interna per protestare contro le condizioni disumani e degradanti. Ci mostravano poliziotti in tenuta antisommossa “placare” gli animi, compreso quello di una bambina di soli otto anni, trasferita d’urgenza al presidio medico per le ferite riportate.
Su questi fatti anche ASGI, CILD ed Indiewatch hanno pubblicato una puntuale denuncia, compreso un procedimento verso la CEDU.
Cos’altro deve succedere perché la politica italiani si accorga quanto è evidente?
Questi luoghi di concentramento sono l’aberrazione del nostro sistema di “accoglienza”. Sono la punta di un iceberg che naviga a vista nel sistema paludoso di governi di destra e di sinistra che nulla hanno fatto nonostante il nostro paese sia quello dell’Europa che si affaccia su un mare un tempo luogo di scambio di culture, ora luogo di “guerra” ai migranti e alle ONG che prestano soccorso. Nonostante le indagini su Mafia Capitale e i suoi infiniti rivoli in tutte le Regioni d’Italia, perché l’immigrazione fa gola a molti, vorremmo infatti sapere perché il mega centro di Mineo è ancora aperto. Nonostante le Commissioni di inchiesta fallimentari, nonostante le morti nei CIE e nei centri di accoglienza (Gradisca, Crotone, Bari, Cona), nonostante un Papa che chiede al mondo. proprio da Lampedusa e Roma (il centro simbolico ed il centro politico). di non scadere nella globalizzazione dell’indifferenza.
Il centro di Lampedusa viene temporaneamente svuotato, la sua chiusura momentanea appare più un modo per cancellare le prove di un misfatto.
A maggior ragione se i trasferimenti dei cittadini tunisini sono stati fatti verso un CPR.
Il quadro che emerge è quello dell’ennesimo fallimento, un cortocircuito dove i diritti delle persone sono pedine sacrificabili, in attesa dell’ennesimo scandalo.
Se questo fosse un paese civile l’HOTSPOT di Lampedusa rimarrebbe definitivamente chiuso.
#NOIVIACCUSIAMO