di Yasmine Accardo – Il CPR di Palazzo San Gervasio è stato riaperto il 22 febbraio 2021, dopo una chiusura di circa un anno e con lo stesso ente gestore precedente: la Engels SRL Italia, già denunciata in passato dalla nostra Campagna per malagestione accoglienza. Non siamo in grado di verificare i cambiamenti strutturali, poiché non ci è concessa autorizzazione da oltre due anni e le persone ivi trattenute in questi giorni non hanno alcun contatto con l’esterno, motivo per il quale siamo stati contattati dai familiari in cerca di aiuto ed informazioni. Tra le persone recluse vi sono cittadini tunisini che non hanno ancora potuto manifestare la volontà di chiedere protezione internazionale né hanno avuto accesso a colloquio individuale; né tantomeno hanno potuto nominare avvocato di fiducia Le persone recluse non riescono a comunicare con l’esterno né tanto meno a raccontare cosa vi accade all’interno. La struttura riaperta da poco pare ancora una volta lede il diritto di comunicazione delle persone ivi trattenute. In passato non potevano inviare materiale documentale, poiché ai telefonini personali venivano rotte le telecamere (come del resto accade in tutti i CPR, con la sola eccezione del CPR di Gradisca di Isonzo); oggi pare che i telefoni personali vengano loro sottratti del tutto, senza però avere possibilità alternativa di chiamata come avviene ad esempio al CPR di Macomer o al CPR di Ponte Galeria. Il CPR di Palazzo San Gervasio rappresentava nel 2018 luogo di scadenti condizioni materiali e igieniche: i bagni non presentavano porte, senza quindi alcuna possibilità di privacy per le persone. Il CPR era inoltre del tutto privo di attività ricreative. Molti dei reclusi raccontavano “ non abbiamo nemmeno la possibilità di fare una partita a carte! Qui il tempo non passa mai, è terribile” Poi, era stata denunciata una costante e continua violazione del diritto di difesa: le nomine, ad esempio, venivano fatte pervenire all’avvocato di fiducia solo successivamente alle udienze di convalida dei trattenimenti, e, non riuscendo il legale nominato ad intervenire tempestivamente, si era costretti a chiedere il riesame del provvedimento di convalida dei trattenimenti. Riesame a seguito del quale, molti dei trattenuti venivano rimessi in libertà, rendendo evidente la gravissima violazione del diritto di difesa perpetrata e il grave danno subito dai trattenuti in condizione di limitazione della libertà personale. Un’ operatrice del CPR dichiarò che le nomine non venivano più trasmesse agli avvocati, “i quali dovrebbero essere contattati telefonicamente direttamente dai trattenuti e recarsi su indicazione dei trattenuti stessi in udienza, informati da questi stessi nell’immediatezza della partenza dal CPR per il Tribunale di Potenza o verso l’ufficio del giudice di pace di Melfi”. Una “regola” non solo discrezionale, ma del tutto illegittima, arbitraria, priva di ogni fondamento giuridico, oltre che lesiva di diritti fondamentali della persona umana. L’omissione delle comunicazioni al difensore, tanto da parte dell’ente gestore, quanto da parte delle cancellerie, comprime fino ad annullarlo il diritto di difesa nella sua effettività. La difesa del difensore di ufficio non vale a garantire la non violazione del diritto. La difesa non può ritenersi compiutamente assicurata dall’avvenuta nomina di un difensore di ufficio, atteso che il relativo esercizio tecnico spetta in primis all’avvocato nominato difensore di fiducia (cfr. Cas sez. III pen sent n. 11471/2019)”. Va fatto presente che le persone che ci rappresentavano le situazioni di invivibilità hanno sempre detto che le condizioni o di caldo soffocante o di freddo insopportabile, che esasperava ulteriormente gli animi, già fortemente provate dalla mancanza di accesso a diritti di base come l’assistenza sanitaria “ perché venga il medico bisogna urlare, ti vengono a prendere o ascoltare solo se qualcuno si fa male sul serio o è quasi morto” Al CPR di Palazzo San Gervasio le porte non avevano maniglie e non era consentito avere all’interno dei moduli né un cestino, né un sacco per l’immondizia. Pertanto i piatti venivano appoggiati per terra! Nelle stanze di pernottamento le luci restavano, inoltre, sempre accese durante la notte. Grave la totale mancanza di informazione relativa a diritti e doveri e nessuna conoscenza del regolamento interno con difficoltà nell’accesso all’informazione, Resta ancora più grave l’assenza di una procedura di reclamo per far valere violazioni dei diritti o rappresentare istanze; in troppi casi di violenze delle forze dell’ordine all’interno del CPR, non si è mai riusciti ad ottenere giustizia. Nel CPR di Palazzo San Gervasio vi è stato uso di lacrimogeni e manganelli e minaccia diretta: tutti abusi delle forze dell’ordine rimasti impuniti. Si fa presente di diversi casi nel passato di dismissione in orari notturni, in un luogo quello in cui si trova Palazzo San Gervasio lontano da tutto: non vi sono infatti trasporti frequenti nè altri mezzi, non vi è riparo se non un tetto di stelle. Questo accade persino per persone in vulnerabilità fisica o psichica. Poniamo all’attenzione la situazione di promiscuità tra persone provenienti da situazioni molto diverse: dal vulnerabile psichico alla persone uscita di carcere dopo anni di reclusione, alla persona da poco arrivata in Italia. Tali situazioni hanno spesso determinato violenze tra i reclusi e una difficoltà se non una vera e propria impossibilità di manifestare o “ far valere” la propria personale difficoltà ed in diversi casi la propria vulnerabilità psichiatrica, questo ha significato un’espulsione senza alcune vera verifica delle condizioni della persona, né tantomeno di cosa potesse significare il “ritorno al paese di origine” relativamente alla possibilità di cura, in totale dispregio di quanto stabilito da recente sentenza della Corte di Strasburgo. Immaginiamo come sia mostruosa l’esperienza del CPR per persone LGBTI, nonostante le norme relative al rispetto dell’identità di genere. In molti casi nel CPR di Palazzo San Gervasio non è stata garantita la volontà di richiedere protezione internazionale, ben prima degli accordi Italia – Tunisia in corso. In ultimo sottolineiamo come le persone trattenute venissero “ accompagnate a fare visite mediche o agli incontri con gli avvocati sotto scorta di polizia che restava presente durante i colloqui in totale violazione del Decreto legislativo del 30 giugno 2003 n.196 “Codice in materia di protezione dei dati personali. I CPR vanno chiusi subito tutti. Chiediamo intanto che venga garantito il diritto di comunicazione con l’esterno alle persone trattenute ed il diritto di difesa BASTA CPR! #maipiucie