di Yasmine Accardo – L’Hub, Hotspot, centro quarantena e chi ne ha più ne metta di Villa Sikania si trova nel piccolo paesino di Siculiana in provincia di Agrigento. L’ex hotel sala ricevimenti è gestito dall’associazione culturale Cometa dal 2014 al 2019 (associazione che gestiva diversi Sprar nella zona dell’agrigentino). La struttura fu riconvertita ad “Hub regionale” nel 2015 ma in parte rimase ancora un centro di accoglienza straordinaria (Cas). In passato si lamentava la carenza di personale (addirittura vi era un unico operatore sociale) e l’inadeguatezza della struttura, più volte denunciate anche dalla nostra Campagna. Il centro che doveva essere di presenza temporanea in realtà vedeva “lo stallo” delle persone per mesi e mesi, tanto che vennero messe su delle classi di insegnamento della lingua italiana, prima non previste. Il centro venne chiuso nell’ottobre del 2019 con trasferimenti pacco in tutt’Italia, tra l’altro senza nessuna considerazione per le persone che nel frattempo, nonostante le mancanze del centro, erano riuscite a trovare percorsi di inclusione. Con l’arrivo dell’emergenza Covid, nell’aprile del 2020, è stato riaperto come struttura transitoria per la quarantena Covid. All’interno si trova un presidio di polizia, all’esterno uno dell’esercito. Diversi sono gli episodi di cronaca che parlano di proteste e malcontento ed intervento di polizia, che si sono susseguiti nei mesi. Un centro temporaneo dunque dove i racconti parlano sempre di difficoltà di accesso alla richiesta di protezione internazionale, cibo scadente, promiscuità, mancata tutela ed assistenza. Qui sono passati negli ultimi mesi adulti, minori stranieri non accompagnati e famiglie, che hanno sempre segnalato le mancanze di diritti ed assistenza adeguata. In diversi casi la repressione violenta delle proteste di persone che chiedevano trattamento dignitoso. Molte le fughe tra cui quella del cittadino eritreo di 20 anni, Anwar Seid, morto investito da un macchina (il conducente non si fermò nemmeno a soccorrerlo) mentre scappava dal centro la notte del 3 settembre 2020. La cronaca si concentra su tali episodi in maniera distorta, per un tempo brevissimo e senza andare ad approfondire le ragioni di tale situazione che va avanti da molto tempo, se non in rarissimi casi. Nei giorni scorsi abbiamo ricevuto segnalazione (l’ennesima), da parte di diversi minori stranieri non accompagnati e di nuclei familiari in quarantena nel centro, di condizioni invivibili all’interno di Villa Sikania. M., giovanissimo tunisino da poco arrivato in Italia insieme ad altri 6 compagni di stanza ci mostra l’alloggio di dimensioni minime dove sono affiancati letti al punto da non esserci alcuno spazio per passare. Di fatto i minori dormono l’uno sull’altro e mangiano dove dormono non essendovi spazio per tavoli o altro. Si lamentano della continua mancata assistenza sanitaria e della mancata informativa sulle condizioni imposte di quarantena. “Siamo negativi, perché siamo ancora qui? E quanto durerà?” Si tratta di ragazzi giovanissimi di 14, 15 e 16 anni. Costretti in uno spazio angusto. Un unico bagno piccolo. Attendono l’ennesimo tampone negativo per poter uscire. I giorni passano ma continuano a non spiegarsi il perché di tale confinamento. Insufficiente l’acqua, insufficiente il cibo, il tutto in una condizione di sovraffollamento vergognosa, considerato che tale luogo sarebbe stato riaperto, appunto, per “quarantena Covid”! Ben inteso le persone che vi si trovano accolte non sono positive al Covid, ma a seguito dei DPCM susseguitisi in questi mesi, rispettano il tempo di quarantena successivo allo sbarco per monitorare l’eventuale presenza del virus. In molti dopo le condizioni degradanti dell’Hotspot di Lampedusa (luogo in nessun modo adatto ad una quarantena) si sono ritrovati direttamente nel centro di Villa Sikania, nuovamente confinati, nuovamente in quarantena; sottoposti dunque ad una continua privazione della libertà personale anche in condizioni di vita deprecabili e che in nessun modo garantiscono distanziamento e buone pratiche. “Quindi se una persona esce positiva, nessuno si salva! Meglio scappare”, ripete M. “Guardate come stiamo, ci lasciano per giorni con la nostra spazzatura in camera. Le stanze sono fredde ed abbiamo coperte sottili. L’acqua è fredda, non ci sta riscaldamento. Non abbiamo neanche sapone sufficiente per lavarci: ci danno micro bustine che finiscono in meno di due secondi e dovrebbero durare 5 giorni! Ci lasciano il cibo in una cassetta: poco e immangiabile. Ci trattano come cani. Quanto durerà questo incubo?”
  1. è una donna tunisina incinta al nono mese di gravidanza si trova a Villa Sikania da diversi giorni insieme al marito ed alla figlia piccola. “Ho paura di restare qui, non mi portano a fare visite o altro e mi trovo al nono mese. Nessun controllo, nessun aiuto. Siamo fermi qui. Ci dicono di aspettare gli esiti del tampone, in questo spazio di tempo niente, non esistiamo. Qualcuno prova di tanto in tanto a protestare, altri riescono a fuggire. Gli operatori sono terribili e due di loro, se qualcuno chiede “troppo”, secondo loro, alzano le mani contro i mal capitati. Noi sentiamo le botte e mia figlia piange di continuo per la paura. La polizia durante le proteste interviene spesso: grida, urla e botte. Che accoglienza è questa?”
Che accoglienza è questa? Ripetiamo insieme agli “ospiti” di Villa Sikania. Può una quarantena sanitaria trasformarsi in un incubo la cui base è il trattamento inumano e degradante? Che tipo di assistenza è prevista per chi è più vulnerabile? Perché ancora una volta si è deciso di riaprire un centro ghetto che tutto rappresenta fuorché luogo di tutela della salute. Ancora una volta le persone in arrivo si trovano ad essere considerati pacchi, con l’aggravante che le restrizioni Covid impediscono un monitoraggio da parte degli attivisti, ma non l’unione delle lotte contro gli abusi indiscriminati di questi tempi.