Lo scorso sabato 12 marzo ha avuto luogo un presidio indetto da varie realtà antirazziste davanti al cancello di ingresso del CPR di Trapani – Milo, una delle strutture istituzionali presenti sul territorio nazionale dove i cittadini stranieri irregolari sono destinati alla detenzione amministrativa e alla privazione della libertà personale pur non avendo commesso alcun reato.
Il presidio è stato accompagnato da un sopralluogo all’interno della struttura condotto dalla parlamentare Simona Suriano insieme ad un mediatore, Nagi Cheikh Ahmed. I due hanno avuto dei colloqui con i cittadini stranieri detenuti, con il prefetto, con i gestori e gli operatori del centro.
Le persone presenti in stato di trattenimento amministrativo erano 13 a fronte dei 36 posti attualmente disponibili. Le nazionalità dei trattenuti erano varie, tra cui Tunisia, Marocco, Egitto, Turchia, Libia, Romania, Nigeria. I tunisini continuano a costituire la nazionalità maggiormente presente nei CPR – in quanto soggetti sistematicamente sottoposti a provvedimenti di espulsione e rimpatri, sulla base del criterio della nazionalità – senza aver avuto accesso ad una corretta informativa legale, alla possibilità di richiedere protezione e in generale, incorrendo in pratiche lesive dei loro diritti.
Durante la mattinata di sabato 12 abbiamo assistito all’ingresso all’interno della struttura di detenzione di due pullman con a bordo alcuni cittadini stranieri nordafricani provenienti dallo sbarco della nave quarantena Moby Dada, approdata al porto di Trapani. Da quanto riferito dalle autorità presenti, i nuovi arrivati sarebbero stati destinati all’accoglienza, dopo aver concluso la procedura di identificazione.
Secondo quanto monitorato nel corso dei mesi sembrerebbe che l’impiego della procedura accelerata utilizzata per i cittadini tunisini preveda il transito presso il CPR di Trapani Milo, dove si procede con il fotosegnalamento e la formalizzazione della richiesta di asilo negli uffici della Questura e della Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale, ubicati nella struttura stessa. Questa condotta sistematica, giustificata dalle necessità di identificazione, prevede il pernottamento in CPR di gruppi di richiedenti asilo magrebini precedente all’entrata in accoglienza. Consideriamo tale prassi una pratica lesiva dei diritti delle persone: la sottrazione degli oggetti personali e del telefono cellulare e la permanenza di persone in stato di detenzione senza una disposizione e convalida di espulsione, per quanto siano brevi, sono da considerarsi illegittimi.
Il 12 marzo, tra le varie persone recluse con evidenti vulnerabilità, c’era Sami, tunisino in detenzione amministrativa nel CPR di Trapani da due mesi. La sofferenza per il trattenimento prolungato lo ha portato ad autolesionarsi ripetutamente attraverso la cucitura delle palpebre, delle labbra e dei genitali e, di conseguenza, ad essere sottoposto a ricovero psichiatrico più volte nel corso delle settimane. A seguito del presidio, ieri sera abbiamo accolto con soddisfazione la notizia della liberazione di Sami. Il suo caso, come quello precedente di Wissem Ben AbdeLatif, è emblematico della violenza che queste strutture operano sistematicamente producendo sofferenza e morte: non è accettabile continuare a legittimare questi luoghi di sospensione dei diritti e di privazione della libertà personale. Non è accettabile continuare a praticare forme di reclusione delle persone migranti, dalla nave quarantena al CPR, al contenimento psichiatrico: migrare non è un crimine.
– Esigiamo la verifica della legittimità dei provvedimenti restrittivi a carico delle persone che subiscono queste procedure: basta trattenimenti illegittimi!
– Richiediamo una degna accoglienza per le persone, a prescindere dalla loro nazionalità, con possibilità reale di chiedere protezione internazionale
– Pretendiamo la chiusura dei CPR
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