Dopo la squallida e vergognosa esperienza dello Scatolone” di Reggio Calabria, chiuso, per altro, solo dopo le insistenti proteste e denunce delle associazioni in difesa dei diritti dei migranti e il caso mediatico venutosi a creare, siamo tornati a visitare un ulteriore centro di “primissima accoglienza”.

Ci rechiamo a Rosalì, frazione del comune di Reggio Calabria. Siamo a pochi chilometri da Villa San Giovanni. “Non potete sbagliarvi, la struttura è ben riconoscibile perché ci sono i panni stesi fuori”: queste sono le  indicazioni che ci vengono allorquando chiediamo informazioni sul centro per minori che si trova in questo territorio. Nonostante la pioggia, effettivamente individuiamo il centro proprio grazie alla presenza dei vestiti stesi sulle ringhiere e su qualche filo volante che attraversa il piazzale antistante la struttura. Il centro è stato adibito all’interno di un ex anfiteatro in costruzione, ed è costituito da un unico plesso. Ad accoglierci in una stanzetta troviamo alcuni degli ospiti e un operatore che si presenta come responsabile del centro.

Il centro è gestito dalla coop. sociale “Cooperazione Sud per l'Europa” di Mileto (VV), la stessa che gestiva il centro di Archi e che gestisce attualmente quello presente nell'ex capitaneria di Reggio Calabria, in cui sono ospitati altri 54 minori. Al momento della nostra visita, all’interno del centro sono presenti 28 minori, tutti provenienti dall’Africa, di cui 20 nella struttura da 3 mesi, mentre 8 sono arrivati da una settimana.

Dopo esserci presentati veniamo accompagnati all’interno del centro, e, sebbene reduci dalla recente esperienza della palestra-lager, quello che vediamo una volta entrati ci colpisce nuovamente come un pugno allo stomaco. Un terribile déjà-vu.

Il centro infatti è tutto lì, un unico ambiente, di non più di 80-90 mq, dove sono disposte in fila lungo una delle pareti le brandine in tela fornite dal Ministero dell’Interno. Queste brandine sono i letti degli ospiti, ma non solo. Così come documentato a Reggio Calabria rappresentano l’intera dotazione immobiliare per i ragazzi, la loro stanza. Sulle stesse brandine, infatti, non solo ci si stende per riposare, ma ci si mangia anche. E, infatti, qualcuno di loro sta consumando il proprio pasto proprio mentre entriamo. Altri ragazzi invece dormono, completamente avvolti nelle loro coperte, eppure sono appena le 5 del pomeriggio. Altre brandine sono sistemate in un antibagno completamente allagato, sostanzialmente a ridosso dei servizi igienici. Uno dei due bagni ha una finestra rotta, malamente chiusa con un telo di nylon, peraltro rotto anch’esso. In estate forse un po’ di refrigerio farebbe anche comodo, ma d’inverno la cosa risulta quanto meno fuori luogo. Tanto più che anche in questa occasione rileviamo che la struttura è completamente priva di riscaldamenti, probabilmente mai montati, come testimoniano i tubi dell’impianto che escono dai muri.

Dopo aver constatato lo squallore e la disumanità del posto, ci viene anche detto ciò che non ci saremmo mai aspettati di sentire, ovvero che in precedenza nella struttura erano ospitati 75 ragazzi. Ci siamo chiesti più volte come fosse fisicamente possibile sistemare 75 brande in quella stanza, ed effettivamente non siamo riusciti a darci una risposta, tanto angusto è lo spazio adibito a dormitorio.

Chiediamo allora ai due operatori del centro delle attività e dei servizi resi ai ragazzi. Riscontriamo numerose contraddizioni nelle risposte che ci vengono date.

Riguardo ai corsi di italiano, infatti, uno dei volontari ci parla di corsi mattutini quotidiani, l'altro invece di corsi attivati solo due volte a settimana. Ad ogni modo pare, comunque, siano tenuti da una volontaria.

Per quanto concerne il cibo, lo stesso proviene dall’esterno nelle solite confezioni monodose, ma, secondo quanto riferitoci dai ragazzi, per alcuni giorni è stato somministrato loro una sola volta al giorno.

Dal punto di visto sanitario, i ragazzi sono seguiti dai medici di Medicins du Monde, e pare siano anche forniti di codice STP. Ci viene inoltre detto che c’è una psicologa che si occupa di loro.

Alcuni dei ragazzi ci raccontano di non essere stati nemmeno identificati ma di contro, stando a quanto riferitoci dagli operatori, pare che ci sia chi li aiuta per il disbrigo delle pratiche burocratiche in questura.

Ma è quando chiediamo dei pocket money che capiamo definitivamente in che tipo di centro ci siamo imbattuti. Ci viene detto che questi non vengono erogati semplicemente perché la Prefettura non glieli riconosce in quanto centro di primissima accoglienza. Similmente a quanto accaduto per l’hotel Grillo di Amendolara (CS) e per lo Scatolone, questo di Rosalì è, quindi, un non-luogo in cui accogliere i migranti per non più di 72 ore in attesa che vengano trovati al più presto dei posti all’interno dei centri di accoglienza “ufficiali”.

Usciamo. Quasi non notiamo l’enorme vaso adibito a pattumiera in cui vediamo anche alcuni dei pasti integri non consumati dai ragazzi. Una sensazione di vuoto interiore ci accompagna verso il piazzale del centro. I sentimenti che si rincorrono e si rimescolano in un mix non meglio definito. Frustrazione. Impotenza. A tratti sconforto. Rabbia, tanta.

Pesantissime sono le responsabilità di chi ha creato questa situazione e che permette a non-luoghi come quello di Rosalì di esistere. Non si può restare indifferenti davanti a tutto questo, non si può guardare altrove.

Molte sono le domande che ci riecheggiano in testa. Come si può lasciare in condizioni simili dei ragazzini di 16 anni? Come pensare che delle brandine in tela possano rappresentare un dignitoso letto per più di un paio di giorni? E’ questa la modalità con cui si pensa di accogliere dei soggetti così vulnerabili? Non basta a questi ragazzini portare con loro già il pesantissimo fardello del viaggio che hanno affrontato senza famiglia? Che tipo di futuro si pensa di dare loro se “accolti” in questo modo? E’ davvero necessario infliggere loro ulteriori abusi e violenze oltre a quelli probabilmente già subiti nelle loro personali odissee?

Già, perché di questo parliamo, di violenze e abusi a tutti gli effetti, anzi a dirla tutta di quelli della peggiore specie, quelli che non lasciano segni fisici esteriori, ma ti scavano dentro e lasciano cicatrici che difficilmente si riescono a rimarginare. Quelle che quando chiudi gli occhi la notte ti perseguitano e bruciano anche dopo molti anni.

In effetti basta osservarli in viso, non facendo caso ai lineamenti dolci e gentili tipici della loro giovane età, e oltrepassare il sorriso che, comunque, sono in grado di regalarti quando parli con loro. Perché quando si incontra il loro sguardo, sono quegli occhi che ti raccontano senza filtro tutte le sofferenze e le speranze tradite che si portano dentro. Sono sguardi di chi non vuole pietà, ma sono occhi che gridano solo giustizia.

 

On. Federica Dieni – Deputata della Repubblica

On. Laura Ferrara – Europarlamentare

Giorgia Campo – Co.S.Mi. (Comitato Solidarietà Migranti)

Francesco Formisani – Campagna LasciateCIEntrare

Fabrizio Liuzzi – Campagna LasciateCIEntrare

Luca Mannarino – Campagna LasciateCIEntrare

Emilia Corea (Ass. La Kasbah) – Campagna LasciateCIEntrare

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