IL Cie di via Corelli a Milano riaprirà come Cpr e sarà gestito da Ors, una “multinazionale” del business dell’accoglienza con sede in Svizzera, molto attiva in Austria e sbarcata in Italia un paio di anni fa.
Da Cie a Cpr, da centro di identificazione ed espulsione a centro per il rimpatrio. Cambiano le iniziali ma non la sostanza: la struttura rimane sempre un lager etnico con una disponibilità di 140 posti. Tutte persone che verranno trattenute per il solo motivo che non hanno documenti. 140 persone spogliate di ogni diritto per legge. 140 persone percosse, sedate, umiliate per disposizione di polizia. 140 stranieri cui il nostro sistema iniquo ha tolto ogni possibilità di vita e diritto, incapace di creare politiche di welfare serie. Un sistema che fallisce ogni giorno nella tutela delle persone che vi abitano o solo vi poggiano piede. Un sistema che tutela i ricchi e lascia in strada o imprigiona i deboli e più poveri, massacrati dalle maglie della burocrazia
Dopo un parentesi come centro di accoglienza per richiedenti asilo gestito da Gepsa (che ha fornito una accoglienza che non possiamo certo definire “brillante”) il centro è stato definitivamente chiuso per rispondere alle volontà politiche del governo dell’era Minniti e Salvini: non accogliere “lo straniero”!
Oggi il percorso continua con chiarezza: “meglio imprigionarli”anche secondo la nuova ministra dell’Interno Lamorgese , in un clima di politiche europee,come mostra il nuovo Piano, in cui si rinnova la volontà di solidarietà tra i Paesi nel deportare, segregare, imprigionare ed affossare i diritti dello straniero, quando non ucciderli togliendo ogni possibilità di soccorso in mare o mentre camminano lungo la disperazione della Balkan Route.
Del Cie/Cpt di Milano abbiamo raccontato un po’ di storia con Stefano Galieni nel libro “Mai più”, edito da Left. Fin dalla sua apertura nel 1999 in tanti vi si opposero costruendo inchieste (come quella sucita nell’ottobre del 1999) e mobilitazioni (ricordiamo ad esempio il corteo del 20 gennaio 2000 indetto dal “movimento delle tute bianche).
Il Cpt di Via Corelli a Milano fu gestito dalla Croce Rossa e divenne famoso per un’azione del giornalista Fabrizio Gatti, inviato del Corriere della Sera, che si finse rumeno e si fece trattenere nel centro nel gennaio del 2000, il quale raccontò di “un poliziotto che obbligava un immigrato a firmare la rinuncia all’avvocato difensore”, oltre che di maltrattamenti, percosse, umiliazioni e degrado delle strutture, iniziando con una frase: “La luce in via Corelli non si spegne mai. Gli alti riflettori tormentano i container dentro la grande gabbia e bisogna coprire le finestre con gli asciugamani per avere un po’ di buio. Ci si deve abituare all’odore di urina, di scarpe, di miseria. Otto uomini, una miniturca, una minidoccia e un lavabo convivono a fatica nei pochi metri quadri di questi alloggi improvvisati”.
Nel 2005 dopo l’ennesima mancanza di assistenza, un recluso che si sentiva male da ore si tagliò un braccio, esasperato dall’attesa e dalla noncuranza. La Croce Rossa, anziché chiamare un’ambulanza fece entrare la polizia in tenuta antisommossa, che riempì di botte i trattenuti e fece perquisizioni obbligando i detenuti a camminare con le ginocchia a terra, umiliandoli e deridendoli, con una ferocia tale da far scatenare la protesta anche nell’area dei transessuali. I detenuti entrarono in sciopero della fame ed una delegazione di parlamentari ed attivisti entrò per documentare quanto stava accadendo.
Il CPR di Milano riapre “vuoto e blindato” per ora, come recita un articolo su Repubblica di Milano. Un ennesimo Cpr insieme a Bari, Brindisi, Torino, Macomer, Ponte Galeria, Trapani.
Nonostante il passato e le mobilitazioni anche recenti, questa è l’ennesima ostinata ingiustizia che ci vedrà combatterla giorno per giorno fino alla definitiva chiusura di tutti tutti i lager etnici di Stato, fino all’ultimo “pezzo di cuore”.
Yasmine Accardo, Campagna LasciateCIEntrare