L’appello delle persone che l’hanno conosciuto: “Aiutateci a ritrovarlo”
Sabato 30 novembre Omar Mohammed, cittadino del Niger di 24 anni, è stato rimpatriato in Nigeria. Le autorità italiane hanno deciso di procedere al rimpatrio dopo che il 28 novembre il console nigeriano l’ha riconosciuto come suo concittadino. Peccato che Omar sia nato in Niger, come dimostra la documentazione che siamo riusciti a reperire.
Ma facciamo un passo indietro.
Sharon Lomanno, un’amica di Omar, ci contatta seriamente preoccupata. Omar è recluso nel CPR dal 17 ottobre: il ragazzo nigerino ha una vulnerabilità psicologica caratterizzata da perdita di memoria e disturbi psicologi post trauma. L’accompagnamento coatto al CPR è stato effettuato dalla questura di Catanzaro.
Vengono a più riprese inviate da parte di LasciateCIEntrare e dell’avv. Loiacono numerose segnalazioni al garante, all’OIM, alla questura di Potenza e alla direzione del centro. Viene fatta presente la sua condizione di persona vulnerabile e che Omar in precedenza era in possesso di un permesso di soggiorno per motivi umanitari, mai rinnovato. E considerato il suo precario stato di salute, all’interno del CPR avrebbe tutto il diritto di reiterare la sua domanda d’asilo, di sicuro non è quello il luogo più idoneo al suo precario stato mentale. Oltre a ciò viene fatto presente che il suo difensore, l’avvocato Sabina, ha dovuto fare richiesta di accesso agli atti per reperire la relazione psicologica effettuata dagli psicologi del CPR e che non ha ricevuto quanto richiesto. Non avere copia di questa importante documentazione rende difficile la difesa di Omar poiché il legale non riesce a dimostrare con documentazione idonea la sua vulnerabilità. Omar era arrivato in Italia da minorenne, sbarcato a Lampedusa nel 2011. In agosto veniva accolto nel centro per minori stranieri non accompagnati a Torre di Ruggiero (CZ) gestito dalla Cooperativa Sociale Chirone, per poi essere trasferito a Settingiano (CZ) in una struttura della stessa cooperativa per minori con difficoltà di inserimento sociale, specifica per chi ha vulnerabilità psichiche o problemi di adattamento generici.
Le persone che l’hanno conosciuto confermano che si era sempre dichiarato nigerino, parlava haussa e francese. Tuttavia a nulla sono valse queste comunicazioni e l’impegno di queste settimane per reperire la documentazione e portare la necessaria attenzione sul caso: il 30 novembre Momo è stato messo sul volo diretto per Lagos senza dargli nemmeno la possibilità di contattare i suoi amici. Da allora si sono perse le sue tracce.
Gli abbandoni e le torture che ha ricevuto si potevano scorgere sul suo giovane corpo, tracce di bruciature dalla testa ai piedi.
Merita un risarcimento del danno, merita essere trattato come essere umano.
Meritiamo ascoltare con calma, vedere lontano e soppesare altri modi di convivere e integrare.
Vi allego le lettere, fiduciosi che il cammino di libertà si apra a lui con tanta più speranza di quanto avesse trovato in Italia”.
Vi sono degli esseri speciali che con uno sguardo riescono a connettere il cuore alla mente e al corpo.
Sono esseri fondamentali importantissimi per l’umanità.
Sono gli esseri che sono come il sole sulla Terra.
Nessun uomo muoverebbe un dito se non avesse un briciolo di luce e amore in sé.
Luce e amore sono l’essenza di Omar Mohammed.
La gente qui in Calabria lo chiamava Salvatore o Momo.
Quando lo conobbi era una giornata buia per me, ero con mia figlia in spiaggia e guardavo le onde del mare e riflettevo sul senso della vita quando tutto è oscuro.
Da lontano vediamo una figura che sembrava un cartone animato lo salutiamo pensando fosse un amico e quando rientrava nel raggio del nostro spazio lo identifichiamo come “non conosciuto prima”.
Sedendosi mi disse: ”Dio ti tiene su 1, 2, o 3 volte ma se continui ad andare giù è li che vuoi stare. Adesso devo andar, lontano molto lontano da quelle mie acque”. Ed è sparito nel mare.
Le sue parole vibrano in me tutt’ora.
Quanto piene fossero, quanto avessero senso, che saggezza discendeva da quegli occhi liberi e pieni di vita!”
Quel momento ha segnato l’inizio della mia vita magica in Calabria.
Il suo spirito elevato forte autonomo connesso alla sorgente di vita era un missile verso altri pianeti e altre forme di vita. Era pura vita , senza futili parole o movimenti.
La cura e il rispetto che ha dimostrato nei miei confronti e di mia figlia era esemplare. Viveva in un balcone, non ne sapevo esattamente le ragioni cercavo di capire senza fare troppe domande. Ma un terremoto arrivò accompagnato da un acquazzone per cui andai a cercarlo più volte per chiedergli se voleva un rifugio.
Lo trovai dopo qualche giorno…e mi ha aperto gli occhi su molte cose, era sveglio, vispo, vivo, pieno di entusiasmo, nonostante le sue condizioni di vita a livello di bisogni materiali fossero precarie e il suo passato atroce, pieno di abbandoni, torture, e cammini tortuosi.
Il retrogusto amaro del suo passato. Dipingeva un mondo di cure e protezione.
Un giorno lo invitai a casa e lo lasciai ad ascoltare della musica dentro l’appartamento e uscì a cercare della pizza, al mio ritorno lui non era più li.
La polizia lo aveva portato via e si trovava a Potenza. Un mese e mezzo lottando tra attivisti avvocati tra permessi non concessi e proteste fino alla chiamata del suo rimpatrio ma non nel suo Paese, senno in Nigeria.
La famiglia non è solo ove siamo nati, ove sgorga il nostro sangue ma è il luogo ove rinasciamo con il cuore puro, santificato, pieno di vita d’amore.
Lui Momo fa parte della nostra famiglia e non lo abbandoneremo.
Riusciremo a ritrovarti.
Dio possa condurre i tuoi passi sino alla gioia. Sharon Lomanno *** Sono Samanta Miniaci, amica di Mohamed Omar nato nella città Tahoua (Niger) il 01/01/1995.
Scrivo per richiedere il rientro in Italia del mio amico, in quanto nonostante non svolgesse al momento alcuna attività lavorativa, era ben inserito nella Città, abbiamo passato intere giornate insieme, era diventato per me come un fratello, faceva dei discorsi intelligenti e si relazionava bene con chiunque volesse scambiare due chiacchiere con lui. Mi ha raccontato un po’ di aneddoti della sua infanzia, molto triste e per nulla spensierata. Pranzavamo insieme e cercava, per quanto potesse avere fame e sete, di dare più cibo a me, diceva che io ne avevo più bisogno e che lui si arrangiava, perché nel passato era rimasto senza cibo ed acqua per svariati giorni.
Si apriva poco rispetto al suo passato e quando lo faceva leggevo nei suoi occhi la sofferenza e la voglia di voler cancellare dalla sua mente tutte le cose brutte affrontate in soli 24 anni.
Mi manca tanto, so che il rimpatrio per lui sarà l’ennesima sconfitta, starà soffrendo e si sentirà di nuovo solo e abbandonato e di certo questo non lo aiuterà a far pace con i mostri che stava cercando di combattere insieme a me, la mia famiglia e tanti, tantissimi altri amici.
E’ dolce, chiamava la mia mamma “mamà”, e diceva che per lui eravamo la sua famiglia. Il pensiero che possa trovarsi in un paese a lui sconosciuto, mi tormenta, perché è stato sbagliato il paese di rimpatrio, Mohamed è NIGERINO, non nigeriano!!!!!
Perché lo avete spedito come fosse un pacco in un paese che non è il suo??? Perché lo state facendo soffrire ancora???? Dateci una risposta!!!
Io vorrei che potesse rientrare in Italia, siamo pronti a prendercene di nuovo cura come abbiamo fatto in passato.
Momi sognava di trovare una fidanzata italiana, di trovare un lavoro, di non essere più vittima di violenza psicologica. Mohamed finalmente sognava e adesso vive di nuovo la sua vita di incubi per giunta in un paese che NON GLI APPARTIENE! *** Premesso il mio rigetto nei confronti della definizione spazio/tempo per me universali; Premessa la mia fede Cristiana; Quanto segue parte integrante del mio universo (per dire che non sempre ricordo date e luoghi perché irrilevante).
Un giorno d’inverno, forse nell’anno 2013/14, mi recai a far visita a mia sorella. Entrando in casa la prima cosa che notai diverso dal solito era una luce accecante bellissima che proveniva dal tavolo della cucina dove sedevano gli altri componenti della famiglia: Aurelio mio cognato, William mio nipote, Chiara mia nipote e poi quella luce bellissima che occupavo un posto mai presieduto. Si, era lui “Mohamed”, una piccola macchietta scura che con il suo sorriso luminoso rendeva quella casa di un bianco mai visto. Passai un po’ di tempo con loro ascoltando brevemente la sua storia e apprendendo che era ospite presso un centro di accoglienza minorile. Conclusi quella bella sera dicendogli che dal quel momento in poi io sarei stato suo zio e cosi fu, tutte le volte che lo incontrai fino al mese di settembre 2019, ritornerò alla fine su questo periodo.
Dal giorno dopo la cena iniziai a prendere informazioni su di lui,riscontrando che Mohamed al mattino andava a lavorare in un’azienda li vicino, con la mansione di faccendiere negli uffici. Tutto procedeva bene per lui, integrandosi all’interno del nostro paese con la benevolenza di tantissimi abitanti del paese.
Non ricordo esattamente l’anno, di certo lui aveva raggiunto la maggiore età, pertanto fino a quel momento era ospite in una stanza fatiscente di un personaggio della zona ma una sera a ridosso delle festività natalizie, percorrendo la strada principale del paese, udii la sua voce “zio, zio! Mi hanno buttato via dall’appartamento!”. Se pur tra mille difficoltà riuscii a sistemarlo nel garage di casa mia, più volte giaciglio delle sue notti negli anni, visto che da li in poi un onda negativa lo avrebbe investito più volte nel tempo. Passammo ugualmente un bel Natale dove egli non era mai solo perché sempre ospite di qualcuno che gli voleva bene.
Iniziò il nuovo anno e fu cosi che quell’armonia di accoglienza e integrazione divenne disarmonica, non per colpa sua o mia,ma certamente per causa di tutta quella gente che in qualche modo nel proprio animo cercava di appannare quel candore.
Perse il lavoro per il profumo della sua pelle e di conseguenza perse la strada maestra, pure io persi il lavoro per dire che da li in poi il mio reddito non mi permetteva più grandi manovre, ma dove mangiavamo in due cera posto per tre e dove mangiavamo in quattro cera posto per cinque.
Tutto iniziò a trasformarsi, gli animi cattivi del paese iniziavano a manifestarsi non comprendendo più le difficoltà di quel ragazzo che tante torture aveva subito nel suo lungo viaggio e che in qualche modo lo rendevano più fragile e bisognoso di affetto… .
Sono stati lunghi anni passati tra mille difficoltà dove potrei dedicare un libro su cose belle, bellissime e brutte ma lui aveva ed ha un grandissimo dono,con poco ritornava a splendere e con poco riusciva ad illuminare la mia vita irrorandomi di positività anche nei miei momenti personali di sconforto.
Spezzo con un episodio: ricordo il giorno che mi chiese di adottarlo e dove il mio ’no’, per mille motivi che non erano quello che voleva in realtà il mio cuore, mi lasciò l’amaro in bocca perché sentivo che l’avrei perso.
Ritorniamo alla sua ultima visita a quel mese di settembre 2019 dove mangiò a casa mia per poi separarci, ma con una sensazione negativa mai percepita fino ad allora.
Sensazione che mi portò il 16 novembre a contattarlo telefonicamente senza riscontro. Riprovai di nuovo il 20 ma oltre la sua mancata risposta io non sentivo più la sua energia positiva nel mio universo.
Infatti martedì 3 dicembre ricevetti un messaggio dal suo profilo, ma a nome di una sua amica che mi comunicava che la polizia italiana lo aveva prelevato, portato in un centro detenzione per immigrati e rimpatriato in Nigeria pur essendo lui del Niger (particolare che merita grossi approfondimenti vuoi per la collocazione sbagliata della sua regione, vuoi perché palese il suo stato psicologico molto fragile).
Oggi siamo qua, un gruppo di amici del suo profilo, sconosciuti tra di noi fino a questo epilogo, nella disperata ricerca di chi ha saputo arricchire il nostro occidente con la semplicità, il calore e l’amore dell’Africa.
Pioveranno lacrime fino a quando la sua luce non ci dirà che il sole d’AFRICA sorgerà nuovamente Fratello Mohamed. Chiarella Luigi
Ma facciamo un passo indietro.
Sharon Lomanno, un’amica di Omar, ci contatta seriamente preoccupata. Omar è recluso nel CPR dal 17 ottobre: il ragazzo nigerino ha una vulnerabilità psicologica caratterizzata da perdita di memoria e disturbi psicologi post trauma. L’accompagnamento coatto al CPR è stato effettuato dalla questura di Catanzaro.
Vengono a più riprese inviate da parte di LasciateCIEntrare e dell’avv. Loiacono numerose segnalazioni al garante, all’OIM, alla questura di Potenza e alla direzione del centro. Viene fatta presente la sua condizione di persona vulnerabile e che Omar in precedenza era in possesso di un permesso di soggiorno per motivi umanitari, mai rinnovato. E considerato il suo precario stato di salute, all’interno del CPR avrebbe tutto il diritto di reiterare la sua domanda d’asilo, di sicuro non è quello il luogo più idoneo al suo precario stato mentale. Oltre a ciò viene fatto presente che il suo difensore, l’avvocato Sabina, ha dovuto fare richiesta di accesso agli atti per reperire la relazione psicologica effettuata dagli psicologi del CPR e che non ha ricevuto quanto richiesto. Non avere copia di questa importante documentazione rende difficile la difesa di Omar poiché il legale non riesce a dimostrare con documentazione idonea la sua vulnerabilità. Omar era arrivato in Italia da minorenne, sbarcato a Lampedusa nel 2011. In agosto veniva accolto nel centro per minori stranieri non accompagnati a Torre di Ruggiero (CZ) gestito dalla Cooperativa Sociale Chirone, per poi essere trasferito a Settingiano (CZ) in una struttura della stessa cooperativa per minori con difficoltà di inserimento sociale, specifica per chi ha vulnerabilità psichiche o problemi di adattamento generici.
Le persone che l’hanno conosciuto confermano che si era sempre dichiarato nigerino, parlava haussa e francese. Tuttavia a nulla sono valse queste comunicazioni e l’impegno di queste settimane per reperire la documentazione e portare la necessaria attenzione sul caso: il 30 novembre Momo è stato messo sul volo diretto per Lagos senza dargli nemmeno la possibilità di contattare i suoi amici. Da allora si sono perse le sue tracce.
L’appello e le lettere degli amici
“Ci piacerebbe risaltasse il fatto che ha vissuto 8 anni in Calabria, che ha vissuto molti anni a Martelletto e che molte persone del paese lo hanno aiutato a vivere bene per anni, risaltasse il senso di gratitudine che aveva ma anche un senso di ricerca della vera vita che lo accendeva.Gli abbandoni e le torture che ha ricevuto si potevano scorgere sul suo giovane corpo, tracce di bruciature dalla testa ai piedi.
Merita un risarcimento del danno, merita essere trattato come essere umano.
Meritiamo ascoltare con calma, vedere lontano e soppesare altri modi di convivere e integrare.
Vi allego le lettere, fiduciosi che il cammino di libertà si apra a lui con tanta più speranza di quanto avesse trovato in Italia”.
Vi sono degli esseri speciali che con uno sguardo riescono a connettere il cuore alla mente e al corpo.
Sono esseri fondamentali importantissimi per l’umanità.
Sono gli esseri che sono come il sole sulla Terra.
Nessun uomo muoverebbe un dito se non avesse un briciolo di luce e amore in sé.
Luce e amore sono l’essenza di Omar Mohammed.
La gente qui in Calabria lo chiamava Salvatore o Momo.
Quando lo conobbi era una giornata buia per me, ero con mia figlia in spiaggia e guardavo le onde del mare e riflettevo sul senso della vita quando tutto è oscuro.
Da lontano vediamo una figura che sembrava un cartone animato lo salutiamo pensando fosse un amico e quando rientrava nel raggio del nostro spazio lo identifichiamo come “non conosciuto prima”.
Sedendosi mi disse: ”Dio ti tiene su 1, 2, o 3 volte ma se continui ad andare giù è li che vuoi stare. Adesso devo andar, lontano molto lontano da quelle mie acque”. Ed è sparito nel mare.
Le sue parole vibrano in me tutt’ora.
Quanto piene fossero, quanto avessero senso, che saggezza discendeva da quegli occhi liberi e pieni di vita!”
Quel momento ha segnato l’inizio della mia vita magica in Calabria.
Il suo spirito elevato forte autonomo connesso alla sorgente di vita era un missile verso altri pianeti e altre forme di vita. Era pura vita , senza futili parole o movimenti.
La cura e il rispetto che ha dimostrato nei miei confronti e di mia figlia era esemplare. Viveva in un balcone, non ne sapevo esattamente le ragioni cercavo di capire senza fare troppe domande. Ma un terremoto arrivò accompagnato da un acquazzone per cui andai a cercarlo più volte per chiedergli se voleva un rifugio.
Lo trovai dopo qualche giorno…e mi ha aperto gli occhi su molte cose, era sveglio, vispo, vivo, pieno di entusiasmo, nonostante le sue condizioni di vita a livello di bisogni materiali fossero precarie e il suo passato atroce, pieno di abbandoni, torture, e cammini tortuosi.
Il retrogusto amaro del suo passato. Dipingeva un mondo di cure e protezione.
Un giorno lo invitai a casa e lo lasciai ad ascoltare della musica dentro l’appartamento e uscì a cercare della pizza, al mio ritorno lui non era più li.
La polizia lo aveva portato via e si trovava a Potenza. Un mese e mezzo lottando tra attivisti avvocati tra permessi non concessi e proteste fino alla chiamata del suo rimpatrio ma non nel suo Paese, senno in Nigeria.
La famiglia non è solo ove siamo nati, ove sgorga il nostro sangue ma è il luogo ove rinasciamo con il cuore puro, santificato, pieno di vita d’amore.
Lui Momo fa parte della nostra famiglia e non lo abbandoneremo.
Riusciremo a ritrovarti.
Dio possa condurre i tuoi passi sino alla gioia. Sharon Lomanno *** Sono Samanta Miniaci, amica di Mohamed Omar nato nella città Tahoua (Niger) il 01/01/1995.
Scrivo per richiedere il rientro in Italia del mio amico, in quanto nonostante non svolgesse al momento alcuna attività lavorativa, era ben inserito nella Città, abbiamo passato intere giornate insieme, era diventato per me come un fratello, faceva dei discorsi intelligenti e si relazionava bene con chiunque volesse scambiare due chiacchiere con lui. Mi ha raccontato un po’ di aneddoti della sua infanzia, molto triste e per nulla spensierata. Pranzavamo insieme e cercava, per quanto potesse avere fame e sete, di dare più cibo a me, diceva che io ne avevo più bisogno e che lui si arrangiava, perché nel passato era rimasto senza cibo ed acqua per svariati giorni.
Si apriva poco rispetto al suo passato e quando lo faceva leggevo nei suoi occhi la sofferenza e la voglia di voler cancellare dalla sua mente tutte le cose brutte affrontate in soli 24 anni.
Mi manca tanto, so che il rimpatrio per lui sarà l’ennesima sconfitta, starà soffrendo e si sentirà di nuovo solo e abbandonato e di certo questo non lo aiuterà a far pace con i mostri che stava cercando di combattere insieme a me, la mia famiglia e tanti, tantissimi altri amici.
E’ dolce, chiamava la mia mamma “mamà”, e diceva che per lui eravamo la sua famiglia. Il pensiero che possa trovarsi in un paese a lui sconosciuto, mi tormenta, perché è stato sbagliato il paese di rimpatrio, Mohamed è NIGERINO, non nigeriano!!!!!
Perché lo avete spedito come fosse un pacco in un paese che non è il suo??? Perché lo state facendo soffrire ancora???? Dateci una risposta!!!
Io vorrei che potesse rientrare in Italia, siamo pronti a prendercene di nuovo cura come abbiamo fatto in passato.
Momi sognava di trovare una fidanzata italiana, di trovare un lavoro, di non essere più vittima di violenza psicologica. Mohamed finalmente sognava e adesso vive di nuovo la sua vita di incubi per giunta in un paese che NON GLI APPARTIENE! *** Premesso il mio rigetto nei confronti della definizione spazio/tempo per me universali; Premessa la mia fede Cristiana; Quanto segue parte integrante del mio universo (per dire che non sempre ricordo date e luoghi perché irrilevante).
Un giorno d’inverno, forse nell’anno 2013/14, mi recai a far visita a mia sorella. Entrando in casa la prima cosa che notai diverso dal solito era una luce accecante bellissima che proveniva dal tavolo della cucina dove sedevano gli altri componenti della famiglia: Aurelio mio cognato, William mio nipote, Chiara mia nipote e poi quella luce bellissima che occupavo un posto mai presieduto. Si, era lui “Mohamed”, una piccola macchietta scura che con il suo sorriso luminoso rendeva quella casa di un bianco mai visto. Passai un po’ di tempo con loro ascoltando brevemente la sua storia e apprendendo che era ospite presso un centro di accoglienza minorile. Conclusi quella bella sera dicendogli che dal quel momento in poi io sarei stato suo zio e cosi fu, tutte le volte che lo incontrai fino al mese di settembre 2019, ritornerò alla fine su questo periodo.
Dal giorno dopo la cena iniziai a prendere informazioni su di lui,riscontrando che Mohamed al mattino andava a lavorare in un’azienda li vicino, con la mansione di faccendiere negli uffici. Tutto procedeva bene per lui, integrandosi all’interno del nostro paese con la benevolenza di tantissimi abitanti del paese.
Non ricordo esattamente l’anno, di certo lui aveva raggiunto la maggiore età, pertanto fino a quel momento era ospite in una stanza fatiscente di un personaggio della zona ma una sera a ridosso delle festività natalizie, percorrendo la strada principale del paese, udii la sua voce “zio, zio! Mi hanno buttato via dall’appartamento!”. Se pur tra mille difficoltà riuscii a sistemarlo nel garage di casa mia, più volte giaciglio delle sue notti negli anni, visto che da li in poi un onda negativa lo avrebbe investito più volte nel tempo. Passammo ugualmente un bel Natale dove egli non era mai solo perché sempre ospite di qualcuno che gli voleva bene.
Iniziò il nuovo anno e fu cosi che quell’armonia di accoglienza e integrazione divenne disarmonica, non per colpa sua o mia,ma certamente per causa di tutta quella gente che in qualche modo nel proprio animo cercava di appannare quel candore.
Perse il lavoro per il profumo della sua pelle e di conseguenza perse la strada maestra, pure io persi il lavoro per dire che da li in poi il mio reddito non mi permetteva più grandi manovre, ma dove mangiavamo in due cera posto per tre e dove mangiavamo in quattro cera posto per cinque.
Tutto iniziò a trasformarsi, gli animi cattivi del paese iniziavano a manifestarsi non comprendendo più le difficoltà di quel ragazzo che tante torture aveva subito nel suo lungo viaggio e che in qualche modo lo rendevano più fragile e bisognoso di affetto… .
Sono stati lunghi anni passati tra mille difficoltà dove potrei dedicare un libro su cose belle, bellissime e brutte ma lui aveva ed ha un grandissimo dono,con poco ritornava a splendere e con poco riusciva ad illuminare la mia vita irrorandomi di positività anche nei miei momenti personali di sconforto.
Spezzo con un episodio: ricordo il giorno che mi chiese di adottarlo e dove il mio ’no’, per mille motivi che non erano quello che voleva in realtà il mio cuore, mi lasciò l’amaro in bocca perché sentivo che l’avrei perso.
Ritorniamo alla sua ultima visita a quel mese di settembre 2019 dove mangiò a casa mia per poi separarci, ma con una sensazione negativa mai percepita fino ad allora.
Sensazione che mi portò il 16 novembre a contattarlo telefonicamente senza riscontro. Riprovai di nuovo il 20 ma oltre la sua mancata risposta io non sentivo più la sua energia positiva nel mio universo.
Infatti martedì 3 dicembre ricevetti un messaggio dal suo profilo, ma a nome di una sua amica che mi comunicava che la polizia italiana lo aveva prelevato, portato in un centro detenzione per immigrati e rimpatriato in Nigeria pur essendo lui del Niger (particolare che merita grossi approfondimenti vuoi per la collocazione sbagliata della sua regione, vuoi perché palese il suo stato psicologico molto fragile).
Oggi siamo qua, un gruppo di amici del suo profilo, sconosciuti tra di noi fino a questo epilogo, nella disperata ricerca di chi ha saputo arricchire il nostro occidente con la semplicità, il calore e l’amore dell’Africa.
Pioveranno lacrime fino a quando la sua luce non ci dirà che il sole d’AFRICA sorgerà nuovamente Fratello Mohamed. Chiarella Luigi