1. L’Agenzia FRONTEX, la Guardia di frontiera e costiera europea prevista dal Regolamento 2007/2004/CE e dai più recenti Regolamenti UE 2014/656 e 2019/1896, costituisce l’apparato operativo di cui si avvalgono l’Unione Europea e gli Stati membri per una esecuzione effettiva dei rimpatri forzati (return) di immigrati irregolari e per la sorveglianza ed i respingimenti alle frontiere esterne dell’Unione. Come è noto i Regolamenti europei sono adottati sulla base del principio della unanimità tra tutti i paesi membri e sono direttamente vincolanti senza bisogno di norme nazionali di attuazione, con la conseguenza che la loro effettiva operatività viene rimessa ad organi amministrativi e nel caso di Frontex, di polizia delle frontiere. Questo riduce la possibilità di difendere i diritti delle persone davanti ad una autorità giurisdizionale, e può ridurre anche l’accesso effettivo alle procedure di asilo e le garanzie di difesa.
Frontex si è così caratterizzata nel tempo per crescente autonomia rispetto agli indirizzi del Parlamento Europeo, e dietro il suo operato alle frontiere si sono nascoste le responsabilità degli Stati nazionali, pure partecipi dl Consiglio UE, che si sono avvalsi dei suoi interventi ordinari, come nel caso dell’Italia, o hanno chiesto l’intervento di missioni operative con pattuglie di intervento rapido (RABIT), nel caso della Grecia. Nei suoi più recenti sviluppi, Frontex, destinataria di risorse finanziarie e di dotazioni di mezzi e personale sempre più consistenti, ha ridefinito il suo ambito di azione, con un ruolo più incisivo nei rapporti con i paesi terzi di transito o di origine, diventando quindi un tassello centrale della cd. dimensione esterna della politica europea. Allo stesso tempo i sistemi di controllo si sono evoluti, con il passaggio alla sorveglianza dall’alto, e dunque ad una rete di assetti aerei anche a volo automatico (droni) in grado di intercettare le persone migranti prima ancora che raggiungano una linea di frontiera. Il ricorso alla tecnologia, fino all’intelligenza artificiale, si è attuato anche nelle procedure di respingimento/espulsione, nelle prassi di riconoscimento e schedatura, e con una maggiore interconnessione con altri enti coinvolti nella lotta all’immigrazione “illegale”, come Interpol ed Eurosur. Per effetto di questa nuova tipologia di attività sono aumentati i contatti tra Frontex e le aziende private che producono materiali ad uso militare ed apparati tecnologici utili alla sorveglianza dei confini, e più recentemente con gli enti di ricerca pubblici, che possono fornire ricerche o servizi funzionali alle esigenze operative dell’Agenzia, come nel caso dei rilievi cartografici delle zone di frontiera, che si vorrebbe commissionare al Politecnico di Torino. Nello stesso periodo l’Unione Europea ha ignorato la possibilità di garantire l’apertura di canali legali di ingresso, neanche per lavoro, ed una effettiva applicazione della normativa in materia di asilo e protezione internazionale, introdotta da numerose Direttive, che oggi il Parlamento sta tentando di riformare e di trasformare in Regolamenti, direttamente vincolanti per gli Stati membri. 2. Sono ormai “fatto notorio”, anche se si cerca ancora di nasconderne i tragici esiti, tutte le violazioni commesse dagli agenti Frontex nei territori di frontiera nei quali sono  stati chiamati ad operare, dalla Grecia ai Balcani, ai confini della Polonia e dell’Ungheria, e ancora nel Mediterraneo, dove le attività di sorveglianza sono finalizzate alle intercettazioni in mare operate da paesi terzi, come la sedicente Guardia costiera libica, piuttosto che garantire esigenze di soccorso e di accoglienza per chi fugge da luoghi nei quali non vi sono garanzie per il rispetto effettivo dei diritti umani, Su queste violazioni ha indagato il Parlamento europeo e la Corte dei conti dell’Unione Europea, mentre a seguito di una denuncia è stata aperta una procedura davanti alla Corte di Giustizia UE di Lussemburgo.  In tutte le zone di Frontiera, nelle quali è stata impiegata Frontex ci sono state numerose vittime di frontiera, anche bambini o persone particolarmente vulnerabili, laddove la “difesa dei confini” è prevalsa sulla tutela dei diritti fondamentali della persona, sul riconoscimento del diritto d’asilo, persino sul diritto alla vita. Continuano le prassi di respingimento o di espulsione gestite da agenti Frontex verso paesi terzi che non garantiscono i diritti umani, mentre le persone trattenute nei centri di detenzione o nelle zone di transito in prossimità delle frontiere non riescono ad esercitare i diritti di difesa o ad ottenere l’accesso ad una procedura equa di asilo. Nelle sue periodiche “analisi rischi” e nelle comunicazioni pubbliche diffuse ai media, l’Agenzia Frontex utilizza un linguaggio ipocritamente neutro ma che contribuisce ad alimentare la retorica dell’invasione ed il discorso d’odio, ed è stata all’origine delle campagne d’opinione che hanno criminalizzato gli interventi di soccorso in mare delle organizzazioni non governative e dei cittadini solidali.  3. La “emergenza permanente” della pandemia e le crisi politiche tra gli stati dell’Unione ed i paesi terzi stanno ridefinendo il concetto di frontiere esterne, che dalla militarizzazione dei territori passano alla dimensione di veri e propri muri, tra territori nazionali sorvegliati dall’alto, aree sottratte a qualsiasi giurisdizione, spazi vuoti nei quali non si garantiscono i diritti fondamentali della persona. Come è avvenuto già in mare nel Mediterraneo, dopo il ritiro della maggior parte gli assetti navali di Frontex, e come adesso si sta verificando sulla rotta balcanica ed ai confini tra Polonia e Bielorussia. Si appalesa così  con crescente evidenza l’inutilità e la disumanità delle attività di contrasto della mobilità forzata alla quale sono costrette le persone in fuga da condizioni, anche economiche, di invivibilità dei propri territori. E tra i tanti che non arrivano, le vittime più vulnerabili, come madri e bambini, diventano talvolta visibili, ma non riescono ad intaccare l’indifferenza frutto anche delle politiche europee e nazionali, incentrate su apparati repressivi sempre più interconnessi, come Frontex e mirate esclusivamente alla protezione delle frontiere, anche quando non esiste alcun allarme “invasione” e sarebbe doveroso applicare la vigente normativa europea, nel rispetto delle Convenzioni internazionali  che garantiscono i diritti umani a partire dal diritto di chiedere asilo. 4. Sono queste ragioni che vanno oltre l’esistenza di una agenzia europea come Frontex, o di un contratto tra l’agenzia, l’Associazione Ithaca, ed il DIST (Dipartimento Interateneo di Scienze, Progetto e Politiche del Territorio) del Politecnico di Torino, ma che richiedono a  tutti, anche a chi opera in una università, una precisa assunzione di responsabilità. I rapporti tra Frontex e un dipartimento universitario aprono questioni morali e politiche di grande spessore, che interessano tutti, e che non si possono sottomettere alla logica del congelamento, del rinvio, della contrattazione. Viene in discussione anche il ruolo dell’Università pubblica e delle sue missioni, nelle quali non possono essere cancellate la funzione critica e la indipendenza rispetto ad attività che sono chiaramente militarizzate, quando ancora non si voglia tenere conto dei diritti umani che contribuiscono a violare. Non si tratta dunque di questioni che attengono esclusivamente alla sfera della cd. “autonomia universitaria” o che si possono ridurre all’interno di una visione aziendalistica ed economica degli enti pubblici di ricerca. Per queste ragioni occorre rafforzare l’impegno informativo e la mobilitazione non solo sulla questione dei rapporti tra l’agenzia Frontex e una università pubblica, ma sul ruolo che, nel quadro delle politiche europee e nazionali di chiusura delle frontiere, questa agenzia continua a giocare in tutti i territori nei quali è chiamata ad operare, perché la sua attività contribuisce a negare a coloro che cercano di attraversare il confine i più elementari diritti, e talvolta anche il diritto alla vita. Sarà ben difficile che in tempi brevi, con l’attuale frammentazione del Parlamento europeo, si possa arrivare ad una sostanziale revisione o ad un annullamento dei Regolamenti che prevedono le attività repressive di Frontex.  Purtroppo è facilmente prevedibile che il nuovo Patto europeo sull’immigrazione ne accentui ancora di più le funzioni di contrasto nell’ennesimo tentativo di bloccare la cd. immigrazione “illegale”. Che poi rimane l’unica via di fuga consentita a chi fugge da  persecuzioni e crisi ambientali ed economiche rese ancora più devastanti dal diffondersi della pandemia.  Diventa dunque essenziale battersi in tutte le sedi per l’apertura di canali legali di ingresso per tutti i migranti forzati, per l’evacuazione di coloro che sono intrappolati nelle aree di frontiera dei paesi di transito, per la fine della pratica della detenzione amministrativa illegale, e dei respingimenti collettivi, vietati dalla Convenzione europea a salvaguardia dei diritti dell’Uomo, Si inserisce in questo quadro il contrasto di qualsiasi tentativo di utilizzo di strumenti di ricerca a vocazione pubblica per attività che comunque si propongono finalità di militarizzazione dei territori e di negazione dei diritti fondamentali garantiti dalle Convenzioni internazionali e dai principi costituzionali a qualsiasi persona, indipendentemente dalla sua provenienza e dal suo stato giuridico, Perché nessun essere umano può essere considerato come “illegale”. ADIF Campagna LasciateCIEntrare Rete Antirazzista Catanese Carovane Migranti Progetto Melting Pot Europa